Diarrea, infezioni al tratto urinario o alla prostata; nei casi più gravi insuggicienza renale, meningite e morte. Questi, debitamente riassunti, i rischi rappresentati dalla contaminazione di E. Coli. A noi la notizia: secondo uno studio pubblcato su International Diary Journal (più di) un quarto del latte e del formaggio prodotto in Egitto è di fatto contaminato.
La fila al banco degli imputati è lunga: formaggio, dicevamo, ma anche yogurt e rayeb; con il latte crudo – che, tra parentesi, negli USA è stato individuato come uno dei principali vettori di trasmissione dell’aviaria – che ha fatto registrare i picchi di contagio più alti in assoluto, con il nostro protagonista presente addirittura in quasi il 70 per cento dei campioni presi in esame.
I rischi del contagio e il nuovo ceppo sconosciuto
È bene notare, a scanso di allarmismi, che l’Escherichia coli è un batterio che di fatto vive normalmente nella flora batterica intestinale dell’uomo di diversi altri mammiferi. In determinate circostanze, però, può mutare in patogeno e causare gli antipatici contrattempi elencati in apertura, con sfumature più o meno ampie di gravità.
I nostri lettori più attenti ricorderanno, ad esempio, del caso del caseificio sociale di Coredo. Nell’ormai lontana estate del 2017 un bambino di soli quattro anni finì in stato vegetativo dopo avere mangiato il formaggio con latte crudo lì prodotto: la perizia del personale sanitario aveva diagnosticato al piccolo la sindrome emolitico-uremica, causata per l’appunto dal batterio dell’Escherichia coli. E la vicenda, è bene notarlo, non fu un caso isolato.
Ma torniamo a noi. Lo studio in questione è stato condotto da un team di ricerca internazionale guidato da scienziati giapponesi ed egiziani dell’Università Metropolitana di Osaka e del Dipartimento di igiene alimentare, che ha preso in esame oltre 200 campioni di prodotti lattiero caseari acquistati in vari mercati, fattorie, supermercati e venditori ambulanti in città egiziane.
I numeri, dicevamo, sono più che eloquenti: il 26,2% dei prodotti analizziati è risultato contaminato, con il picco di frequenza che appartiene al latte crudo di bufala e i dati più bassi facenti invece capo al rayeb, particolare tipologia di latte scremato e cagliato (7,5%); mentre il 27,4% è risultato resistente a uno o più antibiotici.
A incuriosire gli scienziati, poi, c’è la presenza di un ceppo apparentemente inedito. “L’E. coli scoperto in questo studio ha attirato l’attenzione come un nuovo E. coli patogeno che non rientra in nessuna categoria esistente”, ha affermato il professor Yamasaki, che ha guidato lo studio.
Vale infine la pena ricordare, come sottolineato dai colleghi di Fanpage, che i prodotti lattiero caseari importati dall’Egitto vengono puntualmente sottoposti ai severi controlli antimicrobici imposti dalle leggi europee sulla qualità e la sicurezza alimentare.