C’è senza ombra di dubbio una certa convenienza nel convincersi che il proverbiale bicchiere al giorno di vino (o alcol, più in generale) faccia bene. Si tratta, d’altro canto, della pillola dorata professata da fior fiori di studi e ripresa persino dallo stesso ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida (andando contro alle stesse linee guida del Ministero della Salute, tra parentesi); che bolla l’astensione come un borioso eccesso di disciplina e al contempo si presenta come lettura che non demonizza un patrimonio che può anche e soprattutto essere inteso come culturale. Ma al di là di ogni retorica: c’è del vero nel sostenere che il cicchetto faccia bene?
Un recente studio canadese propone un “no” netto e fermo, e sostiene che il messaggio roseo in questione sia frutto di un approccio sbagliato da parte degli stessi ricercatori. In definitiva, se è alla salute che siete interessati, astenersi dall’alcol è comunque preferibile al consumo moderato.
Gli errori dei ricercatori e la verità sull’alcol
Gli scienziati canadesi hanno preso in esame 107 studi già pubblicati che analizzavano abitudini di consumo di determinate persone e la durata di vita di queste ultime, scoprendo che, nella maggior parte dei casi, la longevità di coloro che erano soliti consumare alcol veniva paragonata a quella di chi si asteneva o ne consumava quantità particolarmente basse.
Da qui il mito citato in apertura di articolo: i bevitori vivevano in media di più, ergo il bicchierino aiutava a stare bene. Beh, non proprio: l’analisi del gruppo di studio canadese ha svelato che gli astemi o i bevitori più “timidi” c’era un numero significativo di persone già malate o che erano state costrette a rivedere il proprio consumo di alcolici in seguito a problemi di salute. Il risultato?
Semplice: la longevità del gruppo dei consumatori “responsabili”, per così definirla, ne usciva profondamente ammaccata. La lettura degli scienziati canadesi è ben più cinica: “È stato un colpo di propaganda per l’industria dell’alcol proporre che l’uso moderato del loro prodotto allunga la vita delle persone” ha spiegato il dottor Tim Stockwell, primo autore dello studio.
Un errore più o meno malizioso con conseguenze anche serie. “L’idea ha avuto un impatto sulle linee guida nazionali sul consumo di alcol, sulle stime del carico di malattie legate all’alcol in tutto il mondo ed è stata un ostacolo alla formulazione di politiche efficaci sull’alcol e sulla salute pubblica”, ha continuato Stockwell.
Difficile dargli torto. Ancora oggi, l’alzare il gomito è collettivamente tollerato e a tratti persino incoraggiato, e ogni tentativo di moderare il consumo è sistematicamente additato come tentativo di guastare la festa o, in altre sedi, addirittura come attacco alle eccellenze nazionali. I consumi e le tendenze, però, sembrano stanchi di questo paradigma, e continuano a spostarsi sempre più verso alternative low o no alcol.