Aiuti e sostegno finanziari da parte del governo, o un terzo delle attività di vita notturna rischiano di chiudere definitivamente entro un mese: è ciò che emerge da un sondaggio somministrato a 500 ristoranti, pub e atri locali notturni dell’UK da parte dell’ente commerciale Night Time Industries Association.
La stessa associazione ha sottolineato che la metà di tutte le imprese che lavorano nell’economia notturna dovrà tagliare almeno la metà di posti di lavoro correnti, e che hanno perso in media 46 mila sterline a cause delle mancate vendite e delle numerose (e più recenti) disdette. E il fine settimana che è appena trascorso, che avrebbe dovuto essere uno dei più trafficati e remunerativi del periodo natalizio, ha visto i clienti tenersi ben alla larga da bar, ristoranti e pub: stando alle parole di Nick Mackenzie, amministratore delegato della catena Greene King, “La domanda è diminuita, le prenotazioni sono state decimate, in alcune parti del paese siamo in calo del 70% e dell’80% rispetto al 2019”. La via d’uscita? Complicata, senza ombra di dubbio, ma per Mackenzie un ottimo inizio potrebbe essere la riduzione dell’IVA al 5% in modo da sopravvivere per il prossimo anno.
E le restrizioni anti-Covid, di fatto, non annunciano a rilassarsi, tanto che tra i ristoratori e le aziende di ospitalità del Regno Unito si parla di un “lockdown furtivo”, cioè un blocco in tutto tranne che nel nome. “È meglio che il cancelliere trovi una soluzione o sarà un Natale davvero orribile per il nostro settore”, ha detto David Page, presidente di Fulham Shore. “Tutti stanno soffrendo in questo momento. Siamo passati all’asporto solo in alcune filiali a causa del Covid e del nostro personale in autoisolamento”. Il problema, chiaramente, è la mancanza di flusso di cassa: le attività stanno pagando fornitori e personale, ma i guadagni sono insufficienti. Una situazione che si sta riflettendo anche in Italia.