Torniamo in UK perché qui, oltre al West Ham che chiede al London Stadium di ridurre il prezzo della birra, si parla anche di introdurre nei supermercati un sistema di etichettatura ecologica. Il fatto è che i consumatori del Regno Unito vorrebbero poter controllare anche l’impatto ambientale degli alimenti che stanno per mettere nel carrello, ma al momento non possono farlo.
Questo perché attualmente, i produttori della Gran Bretagna, hanno solamente l’obbligo di indicare la percentuale degli ingredienti principali e non la loro quantità esatta. Gli scienziati hanno cercato di bypassare il problema creadno dei database pubblici dove compariva la composizione esatta di migliaia di prodotti alimentari (perché usare la calcolatrice partendo dalla percentuale e dal totale in grammi del prodotto pareva brutto) e il relativo impatto ambientale.
A quanto pare molti consumatori adesso vogliono sapere quanto la loro spesa influisce sul pianeta (anche se in molti tendono a concentrarsi di più sul fattore prezzo: se compro questo o quello, arrivo a fine mese?), motivo per cui il professor Peter Scarborough dell’Università di Oxford spera che la ricerca porti a un sistema di etichettatura ecologica per soddisfare i clienti (che è lecito voler sapere questo e quello di ciò che si sta mangiando, ma viene da chiedersi quanto debbano essere grandi le etichette per contenere tutte queste informazioni!).
Gli algoritmi e i database creati per valutare l’impatto ambientale non sono solo utili per i consumatori, ma anche per produttori, ristoratori e rivenditori che hanno come obiettivo quello di raggiungere le zero emissioni e, attualmente, non hanno a disposizione gli strumenti necessari per arrivarci.
Ma come funziona questo sistema di etichettatura ecologica? In pratica non basta avere solamente l’elenco degli ingredienti in quanto in esso non viene specificato il paese di origine o il metodo di produzione agricola. Così il team di Oxford ha creato un algoritmo che tiene conto dell’impatto dei metodi di coltivazione, di lavorazione e di trasporto rispetto a questioni come le emissioni di gas serra e l’impatto sull’ambiente. Questo algoritmo è così in grado di calcolare un punteggio ecologico da appiccicare a ogni singolo prodotto alimentare e bevanda.
Secondo i ricercatori questa etichettatura ecologica non dovrebbe diventare obbligatoria nell’immediato futuro: la speranza è che le aziende la adottino volontariamente. Certo è che fare la spesa sta diventando sempre più impegnativo: fra leggere gli ingredienti per scoprire se c’è anche la minima possibilità che ci sia quello a cui sei allergico o intollerante, controllare il punteggio nutriscore per vedere se stai mangiando un alimento con troppo grassi o zuccheri, controllare la provenienza e la sostenibilità del prodotto, valutare se sia cruelty free o bio o totally vegan, solo per comprare un pacchetto di grissini ci metti mezz’ora buona!