La prima settimana di guerra in Ucraina ha portato, tra le altre cose, a un ripido aumento a livello globale del costo del grano tenero (+13%) e del mais (+29%). I dati provengono dall’ultima elaborazione del Cai – Consorzi Agrari d’Italia, che è giunta a tali conclusioni dopo aver analizzato i numeri del Matif di Parigi, ossia la borsa merci di riferimento internazionale insieme a quella di Chicago.
Se paragonati alle registrazioni di lunedì scorso, prima che la Russia invadesse il territorio ucraino, il grano tenero è schizzato dai 274 euro a tonnellata agli attuali 310. mentre il mais è passato da 247 euro a tonnellata agli odierni 320 euro. Chiaramente, con la potenziale risoluzione del conflitto che continua ad apparire lontana, si stima che i prezzi strettamente dipendenti dalle importazioni dei Paesi in questione (come, per l’appunto, mais e grano tenero) siano destinati a salire ancora. Per fornire una prospettiva, l’Italia importa il 64% del grano tenero per il pane e i biscotti e il 44% di grano duro necessario per la pasta, oltre a mais e soia per l’alimentazione del bestiame e per le produzioni di formaggi e salumi Dop. Attualmente, con le produzioni nazionali, si riesce a coprire rispettivamente il 53% e il 73% del fabbisogno nazionale.
Cai sottolinea che il costo della pasta, prodotto chiaramente ricavato dal grano duro, non dovrebbe risentire di particolari rialzi al prezzo. Il discorso, però, cambia nel caso di pane, biscotti o farine, prodotti derivati da grano tenero, o del mangime per gli animali.