Capisci che un marchio ha fatto la storia nel suo ambito quando un’intera categoria di prodotti viene genericamente definita con il suo nome. Parliamo di Tupperware, nome comune di cosa per chiunque si riferisca a un contenitore ermetico per alimenti, ma anche nome proprio di un’azienda statunitense in fallimento. Lo storico brand è in una situazione disperata perché, nonostante la sua popolarità sia sempre rimasta alle stelle, lo stesso non si può certo dire delle sue vendite.
Anni ’50: il prodotto giusto al momento giusto
The Tupperware Company fu fondata nel 1946 da Earl Tupper, inventore della Wonderlier Bowl, il contenitore con coperchio ermetico onnipresente nelle dispense delle nonne. Lo scopo ultimo dell’invenzione – una delle tante per il signor Tupper, che avrebbe anche progettato un cono gelato che impediva la dispersione del prodotto – era aiutare le famiglie del dopoguerra a risparmiare evitando sprechi alimentari. Fu un successo senza precedenti, per mille e una ragione. A differenza di oggi, un contenitore simile era davvero rivoluzionario e lo è stato tanto da arrivare alla volgarizzazione del marchio, per cui ai giorni nostri chi dice Tupperware raramente intende il vero Tupperware, quanto piuttosto qualsiasi contenitore alimentare con chiusura ermetica.
Il grande successo è legato anche alla modalità di marketing e vendita adottata dal brand, che si è sempre (fino a oggi, e anticipiamo già uno dei motivi del declino) affidato alla vendita diretta. Popolarissimi, a partire dagli anni ’50, erano i “Tupperware party”, incontri casalinghi in cui le donne pubblicizzavano e vendevano questi prodotti, guadagnando indipendenza personale ed economica.
Giorni nostri: la strategia sbagliata nell’epoca sbagliata
Ma ora la festa è finita, o quasi. Tupperware ha infatti avviato la procedura di fallimento, perché le difficoltà dell’azienda erano ormai diventate ingestibili. Debiti che si aggirano intorno agli 812 milioni di dollari, costo dei materiali impennato dopo la pandemia da COVID e un sistema di piazzamento sul mercato che non funziona più da anni. La vendita diretta tramite rappresentanti è stata fino alla fine l’arma –a lungo vincente – del marchio, che ha deciso di piazzarsi negli store Target (grandi magazzini per eccellenza negli USA) solo nel 2022. Troppo tardi, probabilmente. Di certo non aiutano neanche le sempre più radicate abitudini alimentari dei consumatori, con la consegna a domicilio in crescita e la preparazione dei pasti in casa (specie in grandi quantità) in declino.
L’azienda spera ancora che si palesi un acquirente pronto a riprendere in mano le redini di una multinazionale che non è riuscita a stare al passo con i tempi, travolta dai competitor che vendono prodotti analoghi a prezzi più competitivi, piazzati lì dove i comuni mortali fanno acquisti nell’era moderna. Perché la verità è che Tupperware è sempre stato sulla bocca di tutti, ma nelle nostre dispense sempre meno.