Tra riscaldamento climatico e sfruttamento, iniziate a scordarvi il salmone dell’Alaska

Da una parte le acque sempre più calde, dall'altra la competizione con gli esemplari da allevamento: che ne sarà del salmone dell'Alaska?

Tra riscaldamento climatico e sfruttamento, iniziate a scordarvi il salmone dell’Alaska

Ve la facciamo semplice: gli oceani non sono mai stati così caldi, ma i fiumi non se la passano meglio. Il risultato? Alcune specie, come il salmone dell’Alaska, hanno sempre più difficoltà a completare il proprio ciclo riproduttivo e migratorio, e questo rischia di compromettere pesantemente i suoi numeri.

I fiumi dell’Alaska ospitano tutte e cinque le specie di salmone del Pacifico: tutte loro nascono in acqua dolce e trascorrono un po’ di tempo lì prima di trasferirsi verso l’oceano, che ha la giusta abbondanza di risorse e spazio per permettere loro di nutrirsi e crescere a dovere.

Giunto il momento, i salmoni tornano dunque nello stesso corso d’acqua in cui sono nati, per riprodursi e infine morire. Tutto chiaro, e anche già piuttosto noto: ma che succede quando le temperature del corso d’acqua in questione sono aumentate vertiginosamente?

Schiacciati tra il maglio del clima e l’incudine degli allevamenti

pesca

I salmoni sono pesci particolarmente sensibili alla temperatura, e pertanto possono prendere la decisione di migrare verso habitat più freddi: ad esempio, come spiega il professor Peter Westley dell’Università di Fairbanks alla BBC, sempre più esemplari hanno preso a riprodursi nei fiumi artici, in regioni che storicamente sono sempre state considerate troppo fredde. Non tutti riescono ad affrontare il viaggio, però.

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“Le migrazioni di questo tipo sono impegnative” ha spiegato Westley. Predatori, energie da spendere in più, e carenza di cibo nelle regioni più fredde sono solo alcune delle sfide da affrontare. Un gioco di compromessi: e per chi invece decide di rimanere al sud?

“Nelle parti più meridionali dell’Alaska l’acqua sta diventando così calda che i salmoni stanno morendo e basta”, ha rilevato Westley. Tra i luoghi più colpiti c’è il fiume Yukon, che ha origine nelle montagne costiere del Canada e scorre per 3.184 km in un ampio arco fino al Mare di Bering: “Questo sarà il quinto anno senza pesca“, ha spiegato Eva Dawn Burk, una pescatrice locale.

“Abbiamo sofferto molto il caldo nel 2019″, ha continuato. ” I salmoni galleggiavano morti nel fiume e abbiamo visto salmoni deviare verso corsi d’acqua più freddi molto più a valle. Dopodiché, tutto è stato chiuso”. Ma le difficoltà non finiscono qua: ci sono i danni causati dalla pesca a strascico, che ha martoriato i fondali marini decimando le fonti di cibo, e ancora la concorrenza rappresentata dai pesci che crescono negli allevamenti.

Il cibo è sempre più scarso e le bocche da sfamare, considerando la mole del flusso di esemplari (spesso malati) da allevamento (ogni anno vengono rilasciati circa 900 milioni di avvannotti), sono sempre di più. A farne le spese sono le specie autoctone: dove andranno i salmoni dell’Alaska?