Oltre al danno, anche la beffa: a Torino è stata data una multa per assembramenti ai rider che protestavano durante il lockdown. In particolare ci si riferisce alla mobilitazione del 1 maggio quando i rider erano scesi in piazza per protestare per avere maggiori tutele e dispositivi di protezione.
Era il 1 maggio: una trentina di rider aveva deciso di organizzare uno sciopero per protestare contro le mancate misure di sicurezza per la loro categoria che, ricordiamo, ha continuato a lavorare per tutto il lockdown. La protesta era partita da piazza Castello, solo che le forze dell’ordine hanno deciso di considerare il ritrovo in piazza come un “assembramento in luogo pubblico”, cosa vietata durante il lockdown.
Per questo motivo a molti dei partcipanti al raduno è stata inviata una multa di 373 euro. Tali sanzioni sono stati notificate solamente oggi: i verbali sono stati consegnati solamente oggi e non all’epoca per “motivi di ordine e sicurezza pubblica”.
Ma i rider non ci stanno e definiscono queste multe un “attacco politico”. I rider, infatti, stanno portando avanti il loro diritto allo sciopero: durante tutto il lockdown il loro è stato considerato un lavoro essenziale. Solo che chi guadagna sul loro lavoro li ha sfruttati mettendo a rischio la loro salute: le aziende hanno fornito loro i dispositivi di protezione troppo tardi.
I rider sostengono di aver rispettato le distanze e le misure di sicurezza durante lo sciopero: avevano tutti la mascherina (cosa che a inizio pandemia non avevano perché le aziende gliele hanno recapitate molto dopo) e c’era stato il pieno rispetto delle distanze di sicurezza. Inoltre era circolato parecchio gel igienizzante (altra cosa che le aziende durante il lockdown gli ha consegnato in ritardo). Tuttavia la legge è chiara: durante il lockdown era vietato qualsiasi tipo di assembramento.
Ma i rider lanciano la loro frecciata: hanno rischiato la loro salute per gonfiare le tasche dei loro padroni sprovvisti dei necessari dispositivi di protezione perché le aziende glieli hanno forniti tardi (e solo dopo parecchie proteste e insistenze) e questo andava bene, adesso protestano rispettando le misure di sicurezza e indossando i dispositivi per rivendicare condizioni di lavoro migliori e per accusare le aziende di non averli tutelati e vengono penalizzati.