La tassa su merendine e bibite proposta dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte non piace alle industrie: il rischio è quello del calo delle vendite. A sostenerlo è Assobibe, l’Associazione italiana degli industriali delle bevande analcoliche: in una nota apposita hanno paventato i numeri relativi al danno di un’ulteriore tassazione.
In generale, gli industriali delle bibite non gradiscono molto questa politica economica troppo incentrata sull’aumento della pressione fiscale e poco sui tagli alla spesa pubblica. Secondo le prime stime, tassando le bibite si potrebbe avere un calo delle vendite del 30%, con diminuzione dei consumi finali dell’11% del valore e 10.000 dipendenti (fornitori agricoli, personale addetto alla produzione e imbottigliamento e personale addetto al commercio) a rischio di perdere il lavoro. Il che vuol dire minor gettito IVA (con calo dell’11%) e minor gettito da tasse da lavoro o reddito (calo del 15%).
Assobibe non riesce a capacitarsi del fatto che si voglia penalizzare ulteriormente il mercato delle bibite zuccherate, settore in calo costante da 10 anni a questa parte con un quarto di litri venduti in meno. Inoltre in Italia le bibite zuccherate hanno un’aliquota IVA del 22%, più alta già della media europea del 16%.
Dello stesso avviso è anche l’industria alimentare: l’industria dolciaria nel corso degli ultimi anni ha investito parecchio per cercare di produrre prodotti bilanciati che rispettino la salute dei bambini da 3 a 12 anni. A sostenerlo è Mario Piccioluti, direttore generale di Unione Italiana Food, associazione che fra l’altro comprende anche Barilla, Bauli e Ferrero.
Rispetto a dieci anni fa, una merendina italiana contiene in media 8.8 grammi di zucchero, il 30% in meno. Ed è diminuito anche il contenuto di grassi saturi medio: siamo a 3 grammi, -20% rispetto a dieci anni fa. Piccioluti poi aggiunge che è sbagliato creare una tassa per colpire una nutrizione errata. Dal punto di vista scientifico, non ci sono cibi buoni o cattivi, ma esistono solo abitudini alimentari sbagliate e stili di vita non corretti. Per combatterli bisogna concentrarsi sull’educazione alimentare e informare il consumatore.