In tilt il borsino del tartufo bianco con l’aumento del 20% in meno di una settimana. Il pregiato tubero in 7 giorni ha raggiunto il prezzo di 300 euro all’etto. Il 5 ottobre le prime quotazioni si attestavano intorno ai 250 euro, ora i valori sono superiori a quelli registrati all’inizio dello scorso anno, ma ancora lontani dai massimi toccati nell’ultimo decennio: 350 euro nel 2013, 500 euro nel 2012, 450 euro nel 2017 per pezzature medie attorno ai 20 grammi.
“Il Tuber magnatum Pico – afferma la Coldiretti – si sviluppa in terreni che devono restare freschi e umidi sia nelle fasi di germinazione che in quella di maturazione”. La località piemontese è un punto di riferimento nazionale, ma dal Piemonte alle Marche, dalla Toscana all’Umbria, dall’Abruzzo al Molise, per finire nel Lazio e in Calabria, sono molti i territori perlustrati dai ricercatori. Le stime parlano di oltre 100mila raccoglitori ufficiali che riforniscono negozi e ristoranti alimentando un business del valore di circa mezzo miliardo tra fresco, conservato o trasformato.
Il tartufo è un fungo che vive sotto terra ed è costituito in alta percentuale da acqua e da sali minerali assorbiti dal terreno tramite le radici dell’albero con cui vive in simbiosi. Quello bianco si mangia crudo su cibi come la fonduta, i tajarin al burro e i risotti. Quanto ai vini, richiede grandi vini rossi; il nero, invece, esige anche i bianchi.