Nulla da fare: la Svizzera ha espresso la propria volontà, e gli allevamenti intensivi non andranno da nessuna parte. Nella giornata di ieri, domenica 25 settembre, i cittadini elvetici hanno partecipato a un referendum che proponeva l’abolizione dei cosiddetti allevamenti industriali, introducendo allo stesso tempo nuove e rigide leggi circa il benessere degli animali. Le stime poco precedenti alla chiusura delle urne (secondo Reuters) indicano che il 62,86% dei votanti si è espresso in maniera contraria alla proposta – una linea di pensiero che di fatto trova risonanza anche in quella del governo, che nei giorni scorsi aveva affermato come tali modifiche avrebbero finito per aumentare i costi operativi degli allevamenti e colpito infine i prezzi dei generi alimentari.
“Ho votato no”, ha detto Fabrice Drouin, residente a Ginevra, ai microfoni di Reuters. “Ci sono allevatori che seguono pratiche intensive con i loro animali ma rispettano comunque il loro benessere. Per sfamare la popolazione ci devono essere degli allevamenti di questo tipo, almeno un po’, altrimenti non potremo più mangiare carne”. Un timore che, alla luce della crisi energetica in atto – che a sua volta, con ogni probabilità, già porterà ad aumenti dei prezzi dei generi alimentari – pare in realtà piuttosto comprensibile. Allo stesso tempo, però, una coalizione formata da alcune Ong ambientaliste e animaliste non demorde, e ha recentemente chiesto alle autorità europee di “staccare la spina” dagli allevamenti intensivi per tamponare gli effetti della crisi.