Un detenuto vegano ha deciso di denunciare il carcere e la Svizzera in quanto l’istituto di detenzione non è riuscito a garantirgli pasti adeguati alla sua dieta. E così adesso il caso passa alla Corte europea dei diritti umani.
Questa storia inizia quando un detenuto di 28 anni, attivista per i diritti animali, è finito in carcere nel 2018 dopo essere entrato illegalmente in diversi ristoranti, macellerie e mattatoi della Svizzera occidentale.
Arrestato e condannato, il 28enne è finito in carcere, ma qui si è reso conto che non riusciva a seguire una dieta vegana: i pasti che gli venivano serviti non erano totalmente vegani. Non è ben chiaro, però, se il detenuto non fosse neanche in grado di comprare con i suoi soldi pasti o prodotti vegani.
Anche se questo dipende da come funzionano le carceri svizzere. Qui da noi in Italia, per esempio, i detenuti hanno la possibilità di comprare cibi al di fuori dei pasti preparati dalla mensa, pagandoli di tasca loro e scegliendoli da un’apposita selezione (non è che possono comprare di tutto). Si tratta del cosiddetto sopravvitto.
Comunque sia, questa storia ha fatto sì che un altro uomo denunciasse un fatto simile, sempre avvenuto in Svizzera. Questa volta si tratta di un ex paziente di un ospedale psichiatrico: anche secondo costui, sarebbe stata violata la convenzione europea sui diritti dell’uomo in merito alla “libertà di pensiero, coscienza e religione”. Così ora la corte di Strasburgo ha deciso di chiedere a quella di Berna: bisognerà vedere come si svilupperà questa vicenda.
Anche perché, onestamente, la vedo difficile per la mensa di un carcere o di un ospedale riuscire a preparare pasti che si adattino alle esigenze di ogni singolo carcerato/paziente. Immaginate il caos in mensa se, per accontentare tutti, il carcerato/paziente 1 è vegano, il carcerato/paziente 2 è allergico ai legumi, il carcerato/paziente 3 non mangia cibi rossi, il carcerato/paziente 4 è fruttariano… Fra motivazioni sanitarie, etiche o religiose ci sarebbe da impazzire!