Il Coronavirus ha spinto l’acceleratore nei supermercati sull’acquisto di cibo confezionato a discapito degli alimenti sfusi. Arranca anche il comparto dei bicchierini e delle posate di plastica, come riporta il servizio de Il Sole 24 ore che ha analizzato i dati della Federazione Gomma Plastica. Ma, per fortuna, un mercato di questo tipo di prodotti sopravvive grazie ai distributori automatici che erogano caffè e bevande calde.
In Italia, oggi, si immettono sul mercato 2,3 milioni di imballaggi di plastica, rappresentati per il 44% da imballaggi flessibili (sacchetti, pellicole e così via) e per il 56% da imballaggi rigidi (scatole, bottiglie e così via). I cittadini più impegnati nel recupero della plastica usata sono veneti e sardi, con più di 28 chili annui a testa.
Cosa è successo? La paura del virus ha bloccato l’attività di molte mense, come quelle che svolgono il servizio per le scuole e per gli uffici e, allo stesso tempo, lo svuotarsi delle stazioni ferroviarie ha diminuito il consumo di bevande e di conseguenza dei bicchierini in cui erano servite.
Quanto ai prodotti confezionati, hanno prevalso le esigenze igieniche degli italiani scoraggiati dal servizio fai-da-te. Non è solo una questione dei pericoli che possono essere nascosti nel fiato dei clienti che passano sopra i prodotti esposti all’aria libera, ma soprattutto delle brutte abitudini di toccare frutta e verdura senza usare i guanti oppure, se si usano quelli usa-e-getta in dotazione, di leccare la punta delle dita per poterli aprire e infilarvi la mano.
Fonte: Il Sole 24 Ore