Il classico “ma il mio falegname con trentamila lire la fa meglio”. Anche Stefano Accorsi si aggiunge al coro che, un po’ in maniera bonaria e un po’ in maniera piccata, critica la cosiddetta Venere influencer. Non sapete di che stiamo parlando? Ma che è, avete passato gli ultimi giorni a vivere sotto una roccia (e nel caso, dobbiamo confessare: un po’ – un po’ tanto – vi invidiamo pure)? La cosiddetta pietra dello scandalo è Open to Meraviglia, una campagna promozionale prodotta dal ministero del Turismo per la bellezza di 9 milioni che propone la Venere di Botticelli nelle improbabili vesti di influencer. L’obiettivo? Con ogni probabilità il riciclaggio del denar- promuovere le bellezze del nostro Stivale e incentivare il turismo, naturalmente.
Venere influencer e lo sfottò di Stefano Accorsi
La nostra povera Venere ha cominciato la sua carriera digitale da una manciata di giorni e non ha fatto altro che raccogliere critiche e figuracce, poverina. E badate bene, non si tratta certo di indignazione a buon mercato per l’impiego potenzialmente interpretabile come dissacrante di una celebre opera d’arte, ma di errori oggettivi: dal sito in sole quattro lingue, dal grossolano utilizzo del traduttore che ha trasformato “Brindisi” in “Toast”, “Camerino” in “Garderobe”, Prato in “Rasen” e altre meraviglie – termine azzeccato, dobbiamo ammetterlo -; alla velata scopiazzatura di Chiara Ferragni.
Insomma, le insufficienze sono tante – ed evitiamo di tuffarci nei simpatici cortocircuiti dovuti allo slogan metà in italiano e metà in inglese. La stoccata di Stefano Accorsi, dunque, non ci sorprende affatto: l’attore ha pubblicato sulle proprie pagine social una foto di sé, agghindato in un impeccabile smoking nero, mentre gusta un trancio di pizza direttamente dal cartoccio.
https://www.instagram.com/p/CrbF2U6IkPN/?hl=it
Sorriso stampato in volto, sguardo ben rivolto verso la telecamera: “Ma ve la facevo io la pubblicità!” si legge nella didascalia che accompagna la foto. “Ci risparmiavate anche qualcosa…”. Eh già, che la polvere sotto il tappeto comincia a notarsi: nove milioni di euro per una Venere in minigonna e un traduttore applicato brutalmente e automaticamente?
Il pubblico ha naturalmente apprezzato. Si sprecano i “Bravo, sei un grande!”, “Ben detto”, “Ma magari”; e qualcuno si lancia anche in qualche apprezzamento più audace – “Ed eri pure più figo!” scrive una fan di Accorsi. Altri ancora, infine, ne approfittano per riportare l’attenzione sulla mole economica che condanna (o almeno dovrebbe) tutte le insufficienze della campagna: “Nove milioni di euro li avessero dati alle scuole di Arte e Cinematografia italiane…” si legge in un commento.