Mentre Trump fa del suo meglio per promuovere uno stile di vita il meno sano possibile nel Paese a stelle e strisce, l’agenzia per gli alimenti e i medicinali degli Stati Uniti (FDA) cambia le regole che riguardano l’etichettatura dei cibi considerati “sani”. Si tratta di una dicitura (una sola parola, a dirla tutta) facoltativa che le aziende produttrici possono apporre sull’imballaggio degli alimenti, se rispettano determinati requisiti. Requisiti che, dalla scorsa settimana, sono stati modificati dopo 30 anni. Il termine “sano” potrà essere affibbiato ai cibi che contengono una certa quantità di una categoria di ingredienti (frutta, verdura, ecc.) e non oltrepassano i limiti di grassi saturi, sodio e zuccheri aggiunti.
Cosa rende un cibo “sano” da oggi negli States
La politica non aiuta, ma la FDA cerca di dare una mano a cittadine e cittadini statunitensi nell’impresa di seguire una dieta equilibrata. “Le patologie legate alle scelte alimentari, tra cui le malattie cardiache, i tumori e il diabete, sono la causa principale di disabilità e malattia negli Stati Uniti”; parole di Jim Jones, vice commissario per gli alimenti degli esseri umani in seno alla già citata agenzia. L’obiettivo delle modifiche all’etichettatura è duplice: incentivare le aziende del settore alimentare a immettere sul mercato prodotti più salutari e, dall’altra parte, migliorare in chi acquista la consapevolezza sui cibi che lancia nel carrello.
Quindi, cosa significa ora “sano” per la FDA? Il termine può essere attribuito agli alimenti che consentono di seguire una dieta bilanciata. Il video esplicativo disponibile online snocciola tutti i punti sulla lista della spesa: frutta, verdura, cereali integrali, latticini poco grassi, alimenti fonte di proteine e oli salutari come quello d’oliva e canola (grosso modo l’equivalente della colza). Rispetto a prima, sono stati ammessi all’elenco dei “sani” cibi quali frutta secca e semi, pesci a più alto contenuto di grasso, salmone, determinati oli e (udite udite) l’acqua. La FDA sta ancora lavorando all’elaborazione di un simbolo per facilitare il riconoscimento dei cibi “promossi” a scaffale. Nel frattempo, speriamo (invano) che il capo di Stato faccia sparire le patatine fritte dalle tavole a cui viene immortalato.