Le Isole Hawaii diventano ufficialmente il primo stato degli Stati Uniti d’America a introdurre una legge che vieta di catturare, impigliare o uccidere intenzionalmente squali nelle acque statali. Il nuovo emendamento è valido per tutte e 40 le specie che vivono negli oceani che circondano l’arcipelago.
Chiaro, è vero che nell’immaginario collettivo lo squalo è brutto e cattivo e soprattutto pericoloso (e di questo ringraziamo soprattutto Spielberg), ma in realtà è una specie vitale per il benessere dell’ecosistema oceanico. In qualità di predatori alpha, gli squali sono fondamentali per rimuovere i deboli e i malati, e il loro cacciare è ciò che sposta l’habitat delle loro prede, che a loro volta alterano le strategie di alimentazione di altre specie. Di nuovo, immaginarli mentre fanno a pezzi le loro prede non aiuta a immaginarseli come benefattori, ma la natura è spesso anche brutale e ben al di fuori dei nostri schemi morali. Tornando alla legge: catturare o uccidere squali per autodifesa o per pubblica sicurezza è ancora assolutamente permesso, e gli animali portati al di fuori delle acque statali (con la documentazione apposita, si capisce) non risultano protetti dalla legge. Negli altri casi, saranno applicate sanzioni di 500 dollari per il primo reato, 2000 per il secondo e 10 mila per i successivi.
“Siamo ben consapevoli di quanto siano importanti gli squali per mantenere sani gli ecosistemi marini, e riconosciamo anche la loro importanza nelle pratiche e nelle credenze culturali dei nativi hawaiani” ha commentato Bran Neilson, amministratore della DLNR Division of Aquatic Resources. Nella cultura hawaiana, infatti, alcuni squali sono considerati ‘aumakua (custodi della famiglia). In questi casi, si ritiene che lo spirito di un antenato assuma la forma di uno squalo per aiutare a guidare e proteggere la loro famiglia. “Per queste famiglie, l’uccisione o il consumo di uno squalo era un atto di mancanza di rispetto filiale, per il quale gli “aumakua potevano punirli portando malattie ai trasgressori”.