Ve lo ricordate il pomodoro viola? Ve ne parlammo più di sei mesi fa, raccontandovi come – apparentemente – sarebbe perfino più salutare e con una durata di conservazione più lunga di quelli normali. Si trattava di una creazione messa a punto da alcuni scienziati della Oregon State University, che tramite alcune operazioni di modifica genetica riuscirono ad alterare i colori del frutto in questione: ebbene, in seguito all’approvazione dell’USDA, il nostro protagonista è ormai pronto ad approdare sugli scaffali dei supermercati negli Stati Uniti.
A onore del vero il percorso che porterà il pomodoro viola a inserirsi nel contesto della grande distribuzione è ancora relativamente lungo, ma di fatto l’approvazione delle autorità sanitarie rappresenta un notevolissimo passo in avanti: ricchi di antiossidanti e antociani – pigmenti che di fatto conferiscono a mirtilli, more e melanzane il proprio colore -, i pomodori vennero originariamente presentati alla comunità scientifica nell’ormai lontano 2008, quando uno studio pubblicato sulla rivista Nature Biotechnology riportava che i topi che se ne cibavano godevano di una vita del 30% più lunga rispetto ai colleghi che invece mangiavano pomodori normali. Successivamente, la biochimica britannica Cathie Martin, professoressa presso l’Università dell’East Anglia e capo progetto presso il John Innes Center di Norwich, ha pubblicato insieme ad alcuni colleghi no studio che ha scoperto che i pomodori viola avevano il doppio della durata di conservazione dei loro cugini rossi.
In questo contesto, il pomodoro viola vuole anche essere vessillo di un movimento che presenta gli OGM come strumenti nella cassetta degli attrezzi delle scienziati: “La nostra società sta affrontando una serie di problemi nell’ambito della sostenibilità, i cambiamenti climatici, la salute legata alla dieta e alla nutrizione” ha commentato Nathan Pumplin, socio commerciale di Martin. “Sono incoraggiato dal fatto che molte persone stiano iniziando a rivedere la biotecnologia alla luce di queste sfide”.