Sarà pur vero che comprare una tazza di caffè negli Stati Uniti sta diventando eccessivamente costoso – secondo i report più recenti il prezzo medio è di ben cinque dollari -; ma pare altrettanto vero che si tratta di un lusso, o una piccola coccola, a cui veramente in pochi scelgono di rinunciare. Le vendite delle caffetterie di marca – come Starbucks, per intenderci – sono aumentate del 10% su base annua fino a raggiungere un valore di 45,8 miliardi di dollari, equivalenti al 96% del valore registrato nel periodo pre-pandemico.
Secondo Project Café 2023, una pubblicazione di World Coffee Portal, ci sono ora 38.411 caffetterie di marca negli Stati Uniti, ovvero il 2,8% in più rispetto a prima che il coronavirus apparisse con prepotenza nella vita di tutti. Addirittura, sempre stando a quanto riportato nel rapporto, i player più importanti (Starbucks, Dunkin’ e Panera Bread) hanno addirittura la loro presenza nel mercato statunitense raggiungendo rispettivamente 15.650, 9.262 e 2.173 negozi; anche se di fatto il settore si sta trovando a fare i conti con una acuta carenza di personale (magari licenziare tutti quelli che scelgono di sindacalizzarsi potrebbe non rivelarsi una strategia particolarmente brillante, eh Starbucks?) e l’incognita rappresentata dall’aumento del costo della vita continua a preoccupare.
Interessante notare, infine, che in termini di abitudini il settore continua a svilupparsi seguendo le linee guida e le strategie adattate per sopravvivere alla pandemia: “Il preordine, la consegna e il drive-thru sono destinati a rimanere” si legge nel rapporto di cui sopra “i consumatori mantengono un accresciuto desiderio di comodità”.