Starbucks, colosso americano del caffè noto ai quattro angoli del mondo, cambia amministratore delegato, e lo fa dopo poco più di un anno dalla nomina del CEO precedente, Laxman Narasimhan, il cui regno non è andato proprio alla grande. Il nuovo boss sarà Brian Niccol, già a capo della catena Chipotle Mexican Grill; la speranza è che il buon Brian riesca a fare con il brand della sirena lo stesso miracolo riuscitogli con i ristoranti del peperoncino affumicato.
Falsa partenza e ritorno alle origini
L’insediamento di Niccol sul trono ha fatto sorridere la borsa, con un’impennata dei titoli a riprova della fiducia degli investitori nel nuovo AD. Non molto tempo dopo, però, sono sorte le prime tensioni con i dipendenti, che sembrano non aver apprezzato una certa disparità di trattamento riguardo la possibilità di lavorare da remoto.
Ma Niccol guarda avanti; anzi, a dirla tutta, guarda indietro. Il suo focus primario nei primi 100 giorni di lavoro sarà quello di risollevare le sorti della catena del caffè con un ritorno alle origini, al periodo in cui Starbucks rappresentava davvero il “third place”, il cosiddetto terzo luogo neutrale tra casa e lavoro, accogliente e rilassante, dove la gente si ritrovava per godersi una tazza calda e un po’ di pace.
Caffè con calma
Non è del tutto vero che questo oggi non succede più, ma l’erogatore seriale di caffè più o meno aromatizzati è visto da parte di molti americani come punto di riferimento per la ricarica di caffeina mattutina e frettolosa, con conseguenti lunghe file e disagi.
L’obiettivo di Niccol sarebbe quello di distinguere chiaramente la zona del consumo sul posto, sereno e rilassato, dall’area di asporto, riportando ordine soprattutto nella parte più caotica della giornata. Il nuovo tritone ha in mente insomma di rinnovare i locali e gestire meglio un po’ tutto, staff compreso (anche se in questi termini non si è partiti proprio alla grande).
Un programma a stelle e strisce
La ripresa sul territorio statunitense è prioritaria al momento; seguirà un’attenta analisi della Cina, mercato considerevole per il gigante americano, e del Medio Oriente, dove la catena ha subito pesanti attacchi e boicottaggi per il suo presunto sostegno all’esercito israeliano, più volte smentito.
E a casa nostra? Nel regno indiscusso dell’espresso, seppur tra una titubanza e l’altra, la sirena verde continua a sfornare punti vendita caldi caldi, e anche il resto d’Europa sembra essere l’ultimo dei problemi per Niccol. Almeno per ora.