Un divieto apparentemente piombato dal nulla e ordinato da nessuno, da cui ai piani alti ci si distanza con cautela, e le conseguenze che lo seguono: ci stiamo riferendo alla più recente controversia in casa Starbucks, che ha visto scioperare i dipendenti di circa 150 punti vendita distribuiti in tutti gli Stati Uniti. La cosiddetta pietra dello scandalo è l’apparente (e lo definiamo in questo modo solo perché, stando alle dichiarazioni ufficiali e totalmente limpide della società, nessuno l’avrebbe ordinato) divieto di allestire le decorazioni per il Pride Month.
Starbucks e le decorazioni per il Pride Month: lo sciopero dei dipendenti
I nostri lettori più attenti ricorderanno che abbiamo già avuto modo di parlarvi della faccenda. La storia è piuttosto semplice: Starbucks avrebbe apparentemente vietato, in alcuni dei suoi punti vendita a stelle e strisce, di allestire le decorazioni per il Pride Month. A portare all’attenzione dei media la vicenda è stata una dimostranza lanciata da uno stesso dipendente, comprensibilmente rimasto anonimo, che avrebbe per l’appunto raccontato di come i suoi superiori gli avrebbero vietato di allestire le decorazioni in questione citando una “nuova politica aziendale”.
Starbucks, come accennato in apertura, ha negato con forza ogni accusa di questo genere, assicurando di non avere modificato la politica aziendale, di non essere a conoscenza di alcun punto vendita che abbia deciso di vietare l’allestimento delle decorazioni per il Pride Month e dichiarando a gran voce di volere sostenere “fermamente la comunità LGBTQIA2+”. La frittata, però, è già fatta.
Stando a quanto riportato da Starbucks Workers United, il sindacato che rappresenta i negozi negli Stati Uniti aderenti alla causa sindacale, circa 3500 dipendenti avrebbero deciso di aderire allo sciopero di protesta nonostante le rassicurazioni e le negazioni di responsabilità da parte del colosso del caffè.
Risposte che, secondo la valutazione del sindacato, non sono coerenti sulla base di documenti interni e testimonianze raccolti dai dipendenti e dagli stessi manager dei punti vendita interessati. “Starbucks dà autonomia ai leader locali per ‘trovare modi per festeggiare’. Questi leader sono gli stessi che hanno deciso di vietare le decorazioni per il Pride Month” si legge in una nota stampa del sindacato alla quale è allegato un articolo che racconta di come tali decorazioni siano state bandite in circa cento località in Oklahoma, Arkansas e Missouri.
È bene notare che gli stati appena citati sono alcune delle roccaforti più conservatrici degli Stati Uniti, tendenzialmente poco aperti alle dimostranze della comunità LGBTQIA2+; e che l’intera controversia va a inserirsi in un momento di altissima tensione mediatica: pensiamo, giusto per fare un esempio, al recente e pesantissimo contraccolpo ricevuto da Bud Light in seguito alla sua campagna mediatica con protagonista l’attivista transgender Dylan Mulvaney.