Giornata storica per lo staff di uno Starbucks a Buffalo, nello stato di New York, che hanno votato per istituire il proprio sindacato: si tratta della prima unione dei lavoratori per l’iconica catena di caffetterie negli Stati Uniti dagli anni ’80. Sono stati 19 in tutti i dipendenti a favore, su un totale complessivo di 27.
Numeri piccoli, sì, ma è comunque una conquista degna di nota se consideriamo che i capoccia di Starbucks avevano fatto di tutto per convincere lo staff a votare contro, arrivando addirittura a spedire in missione diplomatica alcuni dirigenti (tanto che, in un punto vendita della stessa città il risultato del voto è stato negativo). La proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso e cominciare la campagna di sindacalizzazione in agosto è stato l’aumento dei ritmi di lavoro, sempre più serrati e frenetici anche a causa dell’introduzione dell’app che ha facilitato l’accumulo di ordini sempre più complicati rendendoli più comuni.
Starbucks, dal canto suo, ha dichiarato di non essere intrinsecamente anti-sindacati, ma trova che i problemi sollevati dai lavoratori non ne giustifichino la costituzione. E per carità, è vero che è una compagnia che di fatto offre retribuzione e condizioni (come i benefici sanitari o maternità/paternità retribuita) migliori rispetto ad altri competitor, ma sono comunque molti i membri dello staff che lamentano un carico di lavoro insostenibile. “La pandemia non ha aiutato, questo è certo” ha commentato Michelle Ellen, dipendente della catena da più di un decennio. “Ma le condizioni di lavoro stavano peggiorando già da prima” ha aggiunto, sottolineando che nonostante la sua anzianità guadagna solamente 1,20$ all’ora in più rispetto ai nuovi assunti.