Avete presente alle bevande alla frutta Refresher di Starbucks? Ebbene, sono al centro di una causa legale. Starbucks, infatti, è stato portato in tribunale a causa del fatto che le sue bevande alla frutta, a quanto pare, non conterrebbero frutta. Il che effettivamente potrebbe far storcere il naso ai clienti visto che in tali bevande mancherebbe proprio l’ingrediente principale.
Le bevande alla frutta di Starbucks contengono frutta o no?
Ovviamente, essendo negli Stati Uniti, Starbucks è stato portato in tribunale da una class action. Qui il giudice distrettuale John Cronan a Manhattan ha respinto la richiesta di Starbucks di archiviare nove delle undici accuse contenute proprio in questa class action, sostenendo che “una parte significativa di consumatori ragionevoli” si aspetta che le bevande contenessero la frutta menzionata nei nomi.
Si sa, per gli americani, Nomen Omen: se una bevanda si chiama aranciata per loro deve contenere dell’arancia. Noi italiani ben più smaliziati ben sappiamo che quell’aranciata le arance non le ha viste neanche nei suoi sogni più arditi.
Comunque sia, i consumatori statunitensi si sono lamentati del fatto che le bevande chiamate Mango Dragonfruit, Mango Dragonfruit Lemonade, Pineapple Passionfruit, Pineapple Passionfruit Lemonade, Strawberry Açai e Strawberry Açai Lemonade, tutte appartenenti alla gamma Refresher di Starbucks, non contenevano nessuno dei frutti promessi. Di sicuro non contenevano mango, il frutto della passione o l’acai pubblicizzati.
Gli autori principali della class action, Joan Kominis di Astoria, New York e Jason McAllister di Fairfield, California, hanno affermato che gli ingredienti principali di queste bevande erano acqua, succo d’uva concentrato e zucchero. Starbucks era dunque reo di aver utilizzato dei nomi fuorvianti per poter aggiungere un sovprapprezzo alle bevande. Il che, secondo la loro denuncia, violava le leggi per la protezione dei consumatori.
Starbucks ha provato a giustificarsi sostenendo che i nomi dei prodotti descrivevano solamente i sapori delle bevande e che i menu pubblicizzavano in maniera accurata tali prodotti. Inoltre ha anche sottolineato che nessun consumatore ragionevole poteva confondersi e che nel caso i consumatori avessero dei dubbi, bastava chiedere semplicemente ai baristi.
Effettivamente il ragionamento fila. I ghiaccioli al limone pensate che abbiano mai visto dei limoni veri in vita loro? Le caramelle alla fragola le fragole non sanno neanche cosa siano. Si tratta sempre di aromi.
Eppure il giudice ha dato ragione a questi clienti puntigliosi: a differenza del termine “vaniglia”, attuale oggetto di molte cause legali, nulla indica che le parole mango, frutto della passione e acai siano termini che solitamente sono intesi come sapori.
Inoltre secondo il giudice per i clienti è facile confondersi in quanto altri prodotti di Starbucks contengono davvero come ingredienti quelli che il loro nome pubblicizza. Per esempio nell’Ice Matcha Tea Milk è davvero presente il tè matcha, mentre l’Honey Citrus Mint Tea contiene davvero miele e menta.
Tuttavia il giudice ha respinto l’accusa di frode: non ci sono prove che indichino che Starbucks volesse davvero truffare i consumatori. Ovviamente Starbucks ha rigettato tutte le accuse e intende continuare a difendersi in tribunale.