Starbucks, il movimento sindacale ha rallentato: è la vittoria dell’azienda?

Pare che il movimento sindacale che ha causato tanti mal di pancia a Starbucks abbia rallentato: vediamo insieme cosa sta succedendo.

Starbucks, il movimento sindacale ha rallentato: è la vittoria dell’azienda?

Pare che il movimento sindacale che nel corso dell’ultimo anno ha scosso Starbucks, innescando una vera e propria guerra civile tra i piani alti del colosso del caffè e i sindacati stessi, abbia terminato la benzina; o che comunque sia giunto alla riserva. Eh sì, perché con la contrattazione giunta a un punto morto e migliaia di dipendenti ancora poco convinti del valore effettivo dell’iscrizione a un sindacato, l’entusiasmo pare essersi estinto. Ma facciamo un piccolo riassunto: da dicembre 2021, 358 punti vendita Starbucks hanno presentato una petizione al National Labour Relations Board per tenere le elezioni sindacali. L’attività di petizione ha raggiunto il picco lo scorso marzo, quando 69 negozi hanno chiesto di tenere le elezioni, ma a novembre il numero era già sceso ad appena 13.

Starbucks vs sindacati: è tempo di mettere la parola fine?

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Vorremmo darvi una risposta concreta, ma la realtà dei fatti ci costringe a un tiepido “dipende”. Sì, è vero, pare che i piani alti siano riusciti a raffreddare la spinta sindacale grazie alle loro tattiche di rappresaglia, che spaziano dal licenziamento illegittimo di lavoratori iscritti ai sindacati all’offerta di una serie di vantaggi per i dipendenti che, invece, avevano deciso di rimanerne fuori; ma è altrettanto vero che i lavoratori hanno recentemente organizzato il più grande sciopero di sempre per far sentire la propria voce.

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Pare quindi che il sentimento, seppur relativamente raffreddato rispetto ai bollori della primavera scorsa, sia ancora sano e presente. Perché, dunque, Starbucks si sta premurando di fare sapere che il movimento sindacale non solo ha rallentato, ma addirittura sta trovando la resistenza degli stessi dipendenti? “Nel complesso, ho sempre avuto un’esperienza molto positiva lavorando per Starbucks” ha commentato Jen Langberg, semplice dipendente, durante una brevissima intervista rilasciata a US News.

Un malizioso potrebbe pensare che si tratti dell’ennesima strategia, questa volta declinata sul piano mediatico, per tarpare le ali a un movimento che ha portato a tanti mal di pancia. C’è un elemento, in ogni caso, che è assolutamente vero: le trattative contrattuali tra Starbucks e i sindacati sono arrivate a un punto morto. La pietra dello scandalo, in questo caso, è che il colosso del caffè ha l’abitudine di abbandonare le riunioni perché si oppone all’utilizzo di piattaforme come Zoom.

Il tutto è reso ancora più bizzarro, stando a quanto sostenuto dai sindacati, dal fatto che Starbucks aveva inizialmente consentito a tenere i negoziati su Zoom, salvo poi cambiare idea: in questo caso la difesa dell’azienda poggia sul fatto che parte delle registrazioni di tali incontri sarebbero poi state pubblicate sui social media.

Il caso ha attirato anche l’attenzione delle autorità: alla fine di dicembre, l’ufficio di Seattle del consiglio del lavoro ha presentato una denuncia sostenendo che Starbucks si era rifiutato di negoziare con 21 negozi in Oregon e Washington. L’azienda, in questo caso, si era difesa incolpando il sindacato dicendo che i suoi rappresentanti non avevano risposto alle proposte per una data utile. Insomma, ci si punta il dito contro con scarsi risultati: la spinta sindacale, nel frattempo, si assopisce sempre di più.