Come previsto, Howard Schultz, l’ex CEO di Starbucks, si è dovuto presentare davanti al Congresso per parlare della questione relativa alla sindacalizzazione dei locali e ha sostenuto che l’azienda non ha fatto nulla di sbagliato.
Starbucks: Howard Schultz ribadisce le posizioni antisindacali
Howard Schultz era stato chiamato a parlare davanti alla commissione del Senato per la salute, l’istruzione, il lavoro e le pensioni (HELP) in merito al trattamento riservato all’azienda ai dipendenti e ai locali sindcalizzati.
Diciamo che Schultz, attualmente ex amministratore delegato, ma ancora membro del consiglio di amministrazione di Starbucks, non si è presentato di fronte al Senato proprio di sua spontanea volontà: ci è andato solo dopo essere stato minacciato da un mandato di comparizione da parte del presidente della commissione HELP e del senatore del Vermont Bernie Sanders.
L’udienza ha avuto un titolo molto esplicativo: “Nessuna azienda è al di sopra della legge: la necessità di porre fine allo scioglimento illegale dei sindacati di Starbucks”. Riassumendo molto, lavoratori e funzionari governativi hanno accusato l’azienda di attuare comportamenti antisindacali sin da quando il primo locale ha voluto sindacalizzarsi nel 2021.
Proprio il 1 marzo, un giudice del National Labour Relations Board (NLRB) ha emesso una sentenza secondo la quale Starbucks aveva violato il National Labor Relations Act (NLRA) “centinaia di volte” e aveva adottato una “eclatante e diffusa cattiva condotta che manifestava disprezzo per i diritti fondamentali dei dipendenti”.
A Starbucks era stato così ordinato di reintegrare al lavoro i dipendenti licenziati illegalmente. Ma Starbucks adesso è ricorso in appello contro questa sentenza. L’udienza a cui è stato chiamato a presenziare Schultz fa parte dell’indagine di HELP in merito al diritto del lavoro federale.
Dopo l’udienza, Starbucks Workers United ha riferito che gli azionisti della società avevano votato per condurre una “revisione di terze parti” delle pratiche di lavoro di Starbucks. Tuttavia pare che, durante l’udienza, Schultz abbia insistito sul fatto che Starbucks non avrebbe fatto nulla di sbagliato in merito al diritto del lavoro federale. Ha ripetutamente parlato del fatto che le indagini dell’NLRB sarebbero state delle “accuse” e ha anche ribadito che Starbucks non ha infranto la legge.
Schultz ha iniziato la sua testimonianza dipingendo Starbucks come un’azienda fondata sul rispetto dei laboratori, osservando che da loro il salario iniziale è di 17,50 dollari all’ora, a cui vanno aggiunti i numerosi benefit (si è scordato solamente di aggiungere che i lavoratori sindacalizzati erano stati esclusi da tali benefit).
Schultz ha poi continuato affermando che i lavoratori hanno il diritto costituzionale di organizzarsi, ma quando gli è stato fatto notare che il giudice dell’NLRB aveva scoperto che Starbucks aveva violato il diritto sul lavoro, si è difeso sostenendo che Starbucks non aveva infranto alcuna legge, che era consapevole di queste accuse e che era fiducioso del fatto che tali accuse si sarebbero dimostrate false.
L’ex CEO si è anche rifiutato di seguire quanto stabilito dal giudice dell’NLRB, ovvero di creare un opuscolo e un video per informare i dipendenti di Starbucks dei loro diritti, riconoscendo che l’azienda aveva violato tali diritti, sostenendo che Starbucks Coffee Company non aveva violato nessuna legge.
Per Schultz il sindacato è solamente un ostacolo al mantenimento di un “rapporto diretto” con i dipendenti e che, sebbene i sindacati siano ottimi strumenti da adottare per quelle aziende in cui le persone non sono trattate in maniera equa, ecco che per lui Starbucks non è quel tipo di azienda: Starbucks non ha bisogno di sindacati.
Dopo Schultz, la Commissione ha anche ascoltato diversi testimoni fra i dipendenti di Starbucks. Una di loro ha spiegato di essere stata licenziata illegalmente da Starbucks dopo essersi iscritta ai sindacati. E ha anche ricordato che non sono poi questo granché i benefit concessi dall’azienda. Per esempio, quando aveva iniziato a lavorare per Starbucks, le era stata promesso un’assicurazione sanitaria sia per lei che per il figlio.
Solo che di recente l’azienda ha deciso di ridurre il numero di ore settimanali e sotto le 20 ore si perde il diritto a tali benefit. Ma non era stata lei a chiedere di lavorare di meno: era stata l’azienda a diminuirle il numero di ore.
Anche altri testimoni hanno concordato che i benefit concessi ai dipendenti sono “scadenti”, tanto che parecchi hanno dovuto cercare assistenza sanitaria altrove in quanto quella offerta da Starbucks non copre determinate prestazioni mediche. Qualcun altro ha ricordato di essere stato licenziato da Starbucks dopo aver organizzato uno sciopero.
Adesso bisogna vedere quali saranno le conseguenze di tale udienza.