Vada per le passeggiate in centro con il famigerato bicchiere di Starbucks che fa tanto telefilm americano, tuttavia, non conterrà più (forse) cappuccini, cioccolate e “frappucini”, perchè il colosso cercherà di convincerci entro il 2030 a scegliere bevande alternative vegetali al latte e già presenti nella catena come soia, mandorle, avena e cocco.
I nuovi obiettivi di Starbucks nascono dalla constatazione che aggiungere la panna montata a milioni di bibite comporta un’emissione di gas serra superiore a 50 volte rispetto a quello prodotto dal jet privato della compagnia.
La domanda sorge spontanea: perché il latte inquina? La produzione è strettamente legata all’allevamento di animali, processo che sfrutta in maniera intensiva terreni e risorse idriche. Accade che, mentre per ottenere un bicchiere al giorno di latte di origine animale occorrono 650 metri quadrati di terreno, la stessa quantità di latte di avena ne richiede solo un decimo. Inoltre, la produzione di latte vegetale richiede meno acqua rispetto a quello di mucca che prevede l’impiego di 130 litri d’acqua per 1 solo bicchiere.
Secondo Kevin Johnson, amministratore delegato delle caffetterie, “la catena punterà a ridurre del 50% le emissioni di anidride carbonica, il prelievo di acqua e i rifiuti inviati alle discariche. In Nord America, il 15-20% dei clienti di Starbucks sceglie già i derivati non animali”.
Fonte: Agenzia di stampa Bloomberg