Continuano le tensioni tra Starbucks e sindacati: il Dipartimento per la protezione dei consumatori e dei lavoratori di New York City (d’ora in poi abbreviato come DCWP) ha infatti accusato il colosso del caffè di aver licenziato in maniera illegittima una dipendente da un suo punto vendita nella Grande Mela, poco meno di un mese dopo che il negozio in questione aveva votato l’adesione a un sindacato. Come parte della causa, DCWP sta sostenendo la reintegrazione della ragazza e chiedendo sanzioni civili e arretrati.
Stando a quanto emerso, Austin Locke – la dipendente in questione, per intenderci – fu licenziata in via ufficiale per non aver compilato un questionario inerente al Covid-19 somministrato dalla società stessa, oltre ad aver accusato falsamente un supervisore di aver stabilito contatti fisici indesiderati. Importante notare, per di più, che entrambi questi indicenti sono avvenuti poco dopo la sindacalizzazione del punto vendita – una tendenza che, come vi abbiamo ampiamente raccontato negli ultimi mesi, trova risonanza in tutti gli Stati Uniti, con grande dispiacere di Starbucks tanto che lo stesso CEO, Howard Schultz, si è più volte pronunciato contro di essa.
“Starbucks continua a licenziare ingiustamente lavoratori pro-sindacati a livello nazionale come rappresaglia per l’organizzazione sindacale” ha commentato la stessa Locke. Starbucks, da parte sue, ha invece dichiarato di non voler commentare tali controversie, ma che di fatto intende difendersi dalle presunte violazioni della “ust Cause Law di New York City”: rimarrà da vedere se a occuparsene sarà lo stesso Schultz o si attenderà l’entrata ufficiale di Laxman Narasimhan.