Quando si parla di spreco alimentare a farla da padrone è ancora l’educazione alla tradizionale economia domestica, mentre l’innovazione tecnologica arranca nella maggior parte del mondo: è quanto emerge dalle ultime rilevazioni dell’osservatorio Waste Watcher International, condotte in 8 Paesi.
Il ricorso alle app salvacibo, che offrono un servizio di avvertenze quando un prodotto sta per scadere o propongono scambi o acquisti degli alimenti invenduti, è infatti ancora un’abitudine di nicchia. In Italia viene utilizzata solamente dal 3 al 7 per cento della popolazione, in Spagna dal 4 al 9, nel Regno Unito e Canada dal 5 al 7, fino al 9 per cento negli Stati Uniti d’America e appena dal 5 per cento in Russia. Occorre andare in Cina per trovare una doppia cifra, con il 17% che ricorre ad app dedicate alla gestione del cibo. Insomma, in soldoni vince ancora il semplice buon senso: organizzare frigo e dispensa in modo che il cibo prossimo alla scadenza venga consumato, e surgelare o riciclare ciò che invece non viene mangiato. “È un po’ la rivincita dell’intelligenza ‘alimentare’ dei consumatori su quella tecnologica” ha commentato a proposito l’agroeconomista Andrea Segrè, fondatore del movimento e della campagna Spreco Zero “Che resta pur sempre una risorsa preziosa, ma se utilizzata meccanicamente non stimola l’impegno attivo del consumatore in chiave di prevenzione”.
Dando un’occhiata ad altri dati sparsi, scopriamo invece che italiani ed europei sono i più timidi con la doggy bag, con solo 4 su 10 che osano chiederla; mentre l’86% dei consumatori del Bel Paese esigono etichette chiare ed educazione alimentare efficace tra i banchi di scuola. Tornando a parlare di spreco, invece, la frutta è la tipologia di cibo più sprecata con oltre 30 grammi a settimana, mentre in Russia e Cina sono, rispettivamente, il pane e la verdura fresca.