Lo spreco alimentare è un argomento apparentemente semplice – parliamo, in fondo, di cibo che viene fondamentalmente gettato via nonostante sia ancora commestibile – ma che di fatto presenta una fitta corona di conseguenze e sfumature: al di là della più evidente e importantissima questione etica o di quella alimentare, infatti, rappresenta anche un notevole spreco di energia. Eh sì, l’energia che di fatto viene “spesa” per produrlo e poi portarlo in tavola: secondo i più recenti calcoli dell’Osservatorio Waste Watcher International di Last Minute Market, infatti, il costo energetico dello spreco alimentare è di 6,4 miliardi di euro, in crescita dai 4 miliardi registrati invece nel 2021.
Male anche l’impronta idrica che, considerando le recenti conseguenze della morsa della siccità, non andrebbe affatto sottovalutata: il nostro caro vecchio Stivale, per esempio, vale un decimo del fabbisogno idrico dell’intero continente africano, ed è pari a 749,7 miliardi di litri di acqua annua. Importante notare, in questo contesto, che l’Italia è anche prima in assoluto nel contesto europeo a livello di consumo idrico per la produzione alimentare – 11,9 miliardi di metri cubi di acqua destinati all’agricoltura e alla zootecnia -; e come abbiamo già ampiamente accennato lo scenario idrico nazionale non sta certo migliorando.
Complessivamente gli italiani sono a quota 674,2 gr. di cibo gettato pro capite per settimana, 80 grammi in più dell’ultima indagine Waste Watcher di inizio 2022, ma 75 grammi in meno dell’indagine di un anno fa, sempre nel periodo estivo. Spreco che a livello nazionale costa 9,2 miliardi per l’intero anno. In Sudafrica e Giappone si spreca la metà che in Italia (324 e 362 grammi a settimana) mentre in Europa è la Francia il paese più virtuoso con 634 grammi settimanali, Germania e Regno Unito svettano con 892 e 859 grammi. Stati Uniti top-waste, con 1.338 grammi di cibo gettato a settimana.