Spreco alimentare: in Italia ogni famiglia spreca 20 kg di cibo all’anno

Come se la cava, l'Italia, con lo spreco alimentare? Dati alla mano, le famiglie dello Stivale sprecano circa 20 kg di cibo all'anno.

Spreco alimentare: in Italia ogni famiglia spreca 20 kg di cibo all’anno

La verità è che, storicamente, l’Italia se la cava piuttosto male quando si parla di spreco alimentare. I nostri lettori più attenti si ricorderanno delle stime Eurostat dello scorso ottobre, che piazzavano gli abitanti del nostro caro e vecchio Stivale nettamente al di sopra della media europea quando si tratta di gettare nella spazzatura degli alimenti ancora commestibili. Dati più recenti raccontano di un miglioramento notevole (-12% su base annua) che tuttavia lascia ancora spazio a un ampio – anzi, ampissimo – margine di perfezionamento. Ma se facciamo un piccolo passo indietro troviamo che ogni famiglia italiana spreca in media quasi 20 kg di cibo all’anno, pari a 370 grammi a settimana – meno di quanto rilevato in Spagna (534 g), Germania (534 g) e Ungheria (464 g).

Spreco alimentare: quanto e cosa spreca l’Italia?

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Si tratta della lettura recentemente proposta dall’Osservatorio Sprechi alimentari del Crea Alimenti e Nutrizione e presentata da Laura Rossi, nutrizionista e coordinatore dell’Osservatorio e membro del comitato scientifico della Società Italiana di Nutrizione Umana (Sinu), nel corso del 43/mo Congresso della società. Abbiamo scritto “un piccolo passo indietro” perché, di fatto, i dati sono relativi al 2018 – ma comunque utili a restituirci una fotografia della mole e della tipologia di spreco alimentare del Bel Paese.

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Scendendo nei particolari delle tipologie di spreco, ad esempio, è emerso che, rispetto al totale dei quattro Paesi europei (i sopracitati Germania, Spagna, Ungheria più l’Olanda, che di fatto rimane allineata con la mole italiana con uno spreco alimentare rilevato di 365 grammi a settimana), in Italia finiscono maggiormente nella spazzatura prodotti completamente inutilizzati (43,2% vs 31% della quantità sprecata), mentre si riscontra una minor propensione a gettare gli avanzi del piatto (14,6% vs 20,0%; che d’altronde dalle nostre parti il “quel che c’è nel piatto va finito” è una legge non scritta) ed anche i prodotti aperti, ma non finiti di consumare perché scaduti (30,3% vs 36%).

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I tassi di spreco alimentare più notevoli si osservano nelle famiglie monocomponenti, con picchi in particolare nei segmenti di età più giovane e tra i nuclei familiari con maggiori disponibilità economiche. Allo stesso tempo, il rapporto racconta di una buona consapevolezza delle famiglie dell’impatto negativo dello spreco su diversi ambiti: il più sentito è di gran lunga quello economico (70%), che di fatto spicca su quello sociale (con cui si intendono le (conseguenze su disponibilità di cibo nel mondo, 59%) e ambientale (55%).

Per ridurre l’impronta dello spreco, la Sinu ha suggerito una serie di pratiche da rispettare che spaziano dal pianificare il menù settimanale al definire le quantità da acquistare; passando per il saggio consiglio di non fare mai la spesa a stomaco vuoto.