Purtroppo gli abitanti dello Stivale non brillano per virtù quando si parla di spreco alimentare: secondo i dati elaborati dagli statisti dell’Eurostat, infatti, nel corso del primo anno della grande pandemia – ci riferiamo, ovviamente, al 2020 – gli italiani hanno sprecato una media pro capite di 146 chili di prodotti alimentari, nettamente al di sopra della media europea che invece si tiene intorno ai 127 chili di cibo per ogni singolo abitante. È particolarmente interessante apprendere, analizzando il rapporto in questione, che di fatto la maggior parte della mole dello spreco italiano si trova a “valle”, ossia nelle fasi del consumo: qui, infatti, la differenza tra la media del Vecchio Continente (70 chilogrammi) e l’Italia (107) è particolarmente notevole.
In altre parole, traducendo i numeri in parole, nel corso del 2020 le famiglie europee sono tendenzialmente responsabili del 55% degli sprechi di cibo complessivi, con il restante 45% che invece è imputabile ai rifiuti generati nelle varie fasi di produzione, trasformazione o distribuzione del cibo; mentre per quanto riguarda il Bel Paese il 73% dei rifiuti arriva dalla sola fase del consumo e appena il 27% nelle altre.
Due lati della medaglia, insomma, che vanno a costituire una differenza decisamente marcata con il resto dell’Europa: in questo caso, l’ipotesi dell’Eurostat è che tale discrepanza potrebbe anche avere origine dalle diverse definizioni di spreco, visto che quella nazionale differisce dallo standard Ue per le fasi della produzione agricola, della ristorazione e dello spreco domestico. Rimanendo in questo contesto, vi ricordiamo che secondo le più recenti stime indicano che lo spreco alimentare equivale a 6,4 miliardi di euro in energia effettivamente buttati via.