L’inflazione continua a galoppare verso nuovi picchi: stando alle stime preliminari redatte dagli statisti dell’Istat, infatti, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) ha registrato un aumento del 6,9% su base annua, il più alto da marzo 1986. Le conseguenze si riflettono tanto sulle abitudini quanto sul carrello della spesa degli italiani: l’Istat segnala infatti un’ulteriore accelerazione dei prezzi dei beni alimentari, che passano dal +5,7% al 6,7%; e quelli dei cosiddetti prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +5,8% a +6,7%).
Gli esperti dell’Istituto nazionale di statistica spiegano inoltre che l’accelerazione su base tendenziale è principalmente dovuta ai rincari di altre tipologie di prodotto, che di fatto hanno gonfiato il tasso fino ai livelli attuali: basti pensare ai beni energetici (passati da +39,5% di aprile – già notevolissimo – a +42,2%), ai beni alimentari lavorati (che sono invece passati +5,0% a +6,8% su base mensile), ai servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +2,4% a +4,4%) e, infine, ai servizi relativi ai trasporti (da +5,1% a +6,0%). Non che nel resto del mondo la situazione sia tanto migliore: basti pensare al Messico o al Regno Unito.
“Gli elevati aumenti dei prezzi dei Beni energetici continuano a essere il traino dell’inflazione (con quelli dei non regolamentati in accelerazione) e le loro conseguenze si propagano sempre più agli altri comparti merceologici” sottolinea a tal proposito l’Istat. “Accelerano infatti i prezzi al consumo di quasi tutte le altre tipologie di prodotto, con gli Alimentari lavorati che fanno salire di un punto la crescita dei prezzi del cosiddetto “carrello della spesa” che si porta a +6,7%, come non accadeva dal marzo 1986 (quando fu +7,2%)”.