Slow Food si schiera a sostegno delle proteste di società civile e popoli indigeni contro l’autoproclamato “Vertice dei Popoli”, programmato per domani 23 settembre a New York. Si tratta di un numero sempre crescenti di voci, sia all’interno che all’esterno del vertice, tra cui governi, accademici e le stesse Nazioni Unite, che denunciano l’impostazione ammiccante nei confronti delle multinazionali.
Solo oggi va ad aggiungersi alle critiche anche un nuovo documento pubblicato dalla People’s Autonomous Response insieme ad altre 300 organizzazioni partecipanti, che contesta aspramente la posizione assunta dal vertice rispetto a problematiche quali la fame nel mondo, il cambiamento climatico, la pandemia di covid-19, l’agricoltura industriale e la concentrazione delle multinazionali nel settore alimentare. La People’s Autonomous Response sottolinea che questa implosione dei processi di multilateralismo è promossa dai piani alti delle Nazioni Unite, senza alcuna condivisione intergovernamentale o alcun mandato: un sintomo che potrebbe confermare la volontà delle multinazionali di ridisegnare il sistema alimentare mondiale.
Inoltre, la creazione di un’hub di coordinamento formato da alcune agenzie che hanno sede a Roma (Fao, Ifad, e Wfp) per dare seguito al vertice, unito all’“Advisory group” appena creato andrebbero a interferire con l’operato del Comitato per la Sicurezza Alimentare Mondiale (CFS), che rappresenta l’occasione della società civile per dialogare direttamente con i governi. Se i cambiamenti del vertice dovessero finire per subentrare al CFS, di fatto non esisterebbe più un luogo basato sui diritti umani nelle politiche relative al cibo, riducendo pertanto le possibilità dei popoli di intervenire su questi temi.
Il ruolo di Slow Food
La rete mondiale di Slow Food si è così attivata per partecipare al tentativo di influenzare il processo e cambiare il modo in cui le politiche alimentari sono trattate. “Trasformare in maniera radicale il sistema alimentare è una esigenza ormai indilazionabile ma siamo ancora lontani dal vedere accolte le istanze di milioni di persone che nell’economia locale portano avanti questa trasformazione ambiziosa e utile” ha dichiarato Carlo Petrini, presidente di Slow Food. “Insieme a centinaia di altre organizzazioni e movimenti in tutto il mondo, Slow Food ribadisce a gran voce i valori espressi nel documento della People’s Autonomous Response to the Unfss.”
Una posizione ripresa anche da Edie Mukiibi, vice presidente di Slow Food e parte attiva del contro-vertice africano e della dichiarazione finale. “Non si può rafforzare il sistema alimentare africano con false soluzioni elaborate in spazi internazionali non democratici e utilizzati dalle aziende per soddisfare la loro agenda estrattivista”, ha spiegato Mukiibi. “Dobbiamo ricreare le relazioni sociali e politiche nel continente, ma anche le nostre relazioni con la natura, oltre che tra i lavoratori del nostro continente e quelli di tutto il mondo. A questo proposito, da un lato c’è bisogno che si dia voce ai produttori africani, alle loro esperienze e alle loro conoscenze all’interno della scena internazionale. Dall’altro, è tempo che i sistemi alimentari siano finalmente basati sul rispetto dei diritti umani, della biodiversità, dell’integrità ecologica e di un più ampio benessere socio-ecologico”.