Sicurezza dei formaggi a latte crudo: in Trentino un protocollo d’intesa

In Trentino la Provincia di Trento e la Federazione di Cooperazione hanno approvato un protocollo per migliorare la sicurezza del consumo di formaggi a latte crudo.

Sicurezza dei formaggi a latte crudo: in Trentino un protocollo d’intesa

Quello della sicurezza dei formaggi a latte crudo è un tema al centro di un delicato dibattito. Da un lato la necessità di non demonizzare a priori una produzione che da vita ad eccellenze alimentari, è che è comunque già regolamentata da una legislazione stringente e standard igienico-sanitari precisi. Dall’altro le cronache recenti, che hanno visto intossicazioni in bambini che hanno portato allo stato vegetativo e anche al decesso.

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In questa complessa congiuntura si inserisce l’iniziativa della Provincia di Trento e della Federazione Trentina di Cooperazione, che hanno approvato un protocollo d’intesa per la sicurezza alimentare dei formaggi a base di latte non pastorizzato.

La tutela dei consumatori

Formaggio sardo

L’assessore provinciale alla sanità Mario Tonina tiene a sottolineare: “non si tratta certo di un inizio, ma di un rafforzamento di quanto si sta facendo in Trentino da anni”, pur riconoscendo la necessità di un intervento: “anche alla luce di quanto successo stiamo lavorando tutti insieme, in una collaborazione virtuosa tra istituzioni e settore privato, per garantire elevati standard di sicurezza e promuovere un consumo consapevole dei prodotti a latte crudo. Vogliamo tutelare i consumatori, garantendo allo stesso tempo un supporto ai produttori e valorizzando le eccellenze casearie locali”.

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Il protocollo prevede un approccio su tre fronti. Il rafforzamento della sicurezza alimentare attraverso linee guida e corsi di formazione per i produttori sulla migliore gestione delle pratiche igienico-sanitarie e aspetti microbiologici; la promozione di una corretta etichettatura, con “chiare indicazioni rivolte ai consumatori, avvisando delle possibili controindicazioni per le categorie più vulnerabili”, come bambini, anziani, donne in gravidanza e soggetti immunodepressi; infine, la sensibilizzazione dei consumatori, con campagne informative e programmi educativi mirati per far conoscere i potenziali rischi legati al consumo di prodotti non pastorizzati.