Fa piuttosto freddo, è vero; e ultimamente è scesa anche qualche goccia, ma nell’Italia nord-occidentale – e in Piemonte in particolare – la morsa della siccità continua a farsi sentire. Basti dare un’occhiata a quanto riferito dal report settimanale dell’Osservatorio Anbi sulle Risorse Idriche, che di fatto mostra una netta differenza nella percezione dell’Italia centro meridionale e quella settentrionale, dove come accennato la crisi idrica continua a farla da padrone. Nei territori del nord ovest, ad esempio, il bollettino segnala un calo nei livelli di tutti i corsi d’acqua, dal Po alla Sesia (con quest’ultima che addirittura ha registrato un calo del 50% in appena una settimana di tempo); con il primo fiume dello Stivale che continua ad arrancare da uno stato di crisi che permane dallo scorso anno e che nei mesi estivi è peggiorato notevolmente.
Minimi storici e danni per l’agricoltura
In quel di Torino le autorità locali indicano un deficit che si attesta addirittura attorno al 50%, ma in altre stazioni di rilevamento si supera perfino l’80% e più avanti ancora, verso Piacenza, si rilevano i minimi storici. A farne le spese è in primis naturalmente l’agricoltura, dove la conta dei danni determinati dal caldo anomalo e dalla siccità aveva già superato i 6 miliardi di euro all’inizio di novembre.
Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi), auspica “un nuovo approccio nell’affrontare una situazione di crisi dall’accelerazione inattesa, che la caratterizza come ormai endemica: bisogna tesaurizzare ogni goccia d’acqua, aumentando la permanenza sul territorio di apporti idrici sempre minori”. In altre parole la macchia della siccità sugli ultimi anni non sarà risolta nel futuro prossimo, e potrebbe essere incursore di una tendenza per gli anni a venire.
“È indispensabile una nuova cultura” ha proseguito Vincenzi “che metabolizzi come i cambiamenti climatici stiano determinando la fine dell’abbondanza idrica sul Nord Italia e quindi sia necessario creare le condizioni infrastrutturali per garantire omogenee riserve idriche al Paese, pena l’abbandono di qualsiasi prospettiva di autosufficienza alimentare”.
L’emergenza idrica riguarda naturalmente anche i laghi alpini, anch’essi ormai fermi ai minimi storici da diverso tempo: secondo il rapporto dell’Anbi ” permangono abbondantemente sotto media, seppur il Verbano superi, per la prima volta dopo molti mesi, lo zero idrometrico; i volumi trattenuti dagli altri bacini lacustri continuano a calare con Benaco e Sebino addirittura sotto le quote del 2022 (l’acqua presente nel lago di Garda è addirittura dimezzata rispetto ad un anno fa)”.