In un modo o nell’altro l’estate 2022 passerà alla storia – vuoi per grandine, trombe d’aria e tempeste; vuoi per la crudele morsa della siccità. Eh sì, perché tolte le poche (e prevalentemente dannose) pause determinate dal cosiddetto maltempo, la crisi idrica che attualmente ghermisce l’Europa è seconda solamente all’ondata di caldo estremo del 1540, che si abbatté sul Vecchio Continente per ben 11 mesi. Una conclusione affrettata, sensazionalistica, dite? Eppure i dati parlano chiaro: per ottenerli gli scienziati hanno confrontato le registrazioni ottenute dai satelliti Copernicus, il programma europeo di osservazione della Terra gestito da Commissione Europea e Agenzia Spaziale Europea (Esa), e quelli di uno studio del 2014, pubblicato sulla rivista Climatic Change e coordinato dall’Università svizzera di Berna; osservando con limpido orrore come, tra il primo di luglio e la fine di agosto, il rigoglioso verde europeo sia stato soppiantato dal marrone dell’aridità.
Basti pensare, in questo contesto, al livello dei grandi fiumi europei (e non solo): la sorgente del Tamigi si è completamente prosciugata, i castelli della Loira si sono trovati a torreggiare su banchi di sabbia, il Danubio ha restituito alla luce i resti di antiche navi risalenti alla Seconda Guerra Mondiale e dall’Elba hanno preso ad affiorare le cosiddette Pietre della Fame. Le foreste, nel frattempo, si sono trovate a fare i conti con la furia del fuoco, con grandi incendi che hanno sfregiato il verde con vistose cicatrici.
Nel lontano 1540, tuttavia, la morsa della siccità fu ancora più crudele: come accennato l’ondata di caldo di quel periodo durò per ben 11 mesi: secondo gli autori del sopracitato studio del 2014 la portata del Reno e dell’Elba scese addirittura del 90%, mentre i corsi d’acqua più piccoli si prosciugarono del tutto. Secondo le ricostruzioni basate sui dati documentari, il 1540 fu dominato da una situazione di alta pressione quasi persistente sull’Europa occidentale e centrale, circondata da sistemi di bassa pressione sull’Atlantico e sulla Russia occidentale; con le testimonianza russe che lamentano una primavera congelata e quelle italiane che invece raccontano di un inverno estivo.