Torniamo nel Nord Italia: qui il Po è così in secca che ormai l’acqua è salata. Il guaio è che, così, a rischio sono anche le falde acquifere potabili. A lanciare l’allarme è soprattutto il delta del Po.
Secondo i dati rilevati dall’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, la risalita del cuneo salino lungo il Po risale fino a 15 km a monte. Inoltre nel punto di rilevamento di Pontelagoscuro il livello del Po è sceso sotto i minimi storici: siamo a 301,6 metri cubi al secondo, ben al di sotto della soglia critica che è di 450 metri cubo al secondo.
Per questi motivi, in alcune aree di Ariano e Porto Tolle l’irrigazione è stata sospesa. Per evitare danni alle colture è stato dunque necessario attivare le apposite pompe mobili d’emergenza.
Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), ha spiegato che si tratta di un fenomeno invisibile, ma che rischia di sconvolgere l’equilibrio ambientale del delta. Se la situazione non cambierà, ecco che entro la prossima settimana verranno contaminate con l’acqua salata anche le falde destinate all’uso potabile.
E nel resto del Veneto non va meglio: tutti i fiumi sono in secca, tranne il Bacchiglione. Secondo il bollettino pluviometrico, a maggio il deficit è stato del 46%, con picchi del 77% nel bacino di Lemene e del 73% nella pianura fra Livenza e Piave.
Situazione altrettanto drammatica, poi, anche in altre zone d’Italia. Ai Castelli Romani i laghi sono ai minimi storici: il deficit idrico si aggira sui 50 milioni di metri cubi. Per esempio, il bacino di Nemi ha un livello attuale di 50 cm, mentre l’anno scorso, nello stesso periodo, era a 162 cm.
Massimo Gargano, direttore generale di ANBI, ha spiegato che in queste zone, oltre alle conseguenze dei cambiamenti climatici, il problema è sorto a causa dell’eccessiva pressione antropica: troppi prelievi idrici e poche piogge hanno abbassato i livelli delle falde, impedendo così che potessero riempire i laghi le cui acque sono adesso richiamate nel sottosuolo.
Anche i livelli dei laghi di Como, Maggiore e d’Iseo sono calati ai minimi storici. Solamente il fiume Adda, a causa delle recenti piogge, ha avuto un aumento di portata, ma rimane comunque a livelli più bassi rispetto agli anni passati. In Lombardia, poi, le riserve idriche sono al collasso: la neve è quasi sciolta del tutto e quindi bisognerà sperare solo nelle piogge visto che ne bacini c’è poca acqua e i monti non hanno più neve.
In Toscana a maggio le pogge sono state dal 50 al 70% in meno rispetto alla media stagionale, con record negativo nei bacini dei fiumi Fiora e Ombrone. Anche l‘Arno e il Serchio sono diminuiti come portata. Idem dicasi il lago Trasimeno in Umbria: ha raggiunto i livelli più bassi da maggio 2003.
A rischio è anche il Tevere, il fiume Agri in Basilicata e i bacini dei fiumi Garigliano e Volturno in Campania. Aumentano anche i prelievi dagli invasi della Puglia, mentre in Sardegna sono a rischio i sistemi idrici Nord-Occidentale, Alto Coghinas e Alto Cixerri.