La situazione nel distretto del fiume Po continua a rimanere grave – e a essere del tutto onesti, lo è ormai da mesi. I primi campanelli d’allarme scattarono negli ormai lontani primi giorni di marzo, quando un inverno insolitamente secco cedeva il passo a una primavera calda e soleggiata. Il livello del Po mostrava già allora le quote più basse degli ultimi trent’anni, ma si è preferito ricorrere alla danza della pioggia e sperare che qualche nuvola ci degnasse della sua presenza. Passano i mesi e di acqua dal cielo non c’è traccia, l’emergenza siccità peggiora: il cuneo salino prende a risalire, gli allevamenti di vongole rischiano di soffocare. Giungiamo dunque a oggi: si è concluso un giugno tra i più caldi della storia, le portate del primo fiume d’Italia sono ridotte a rivoli, e il cuneo salino sopracitato è a oltre 30 chilometri, una quota record.
Vero, i più scettici (vorremmo usare altri termini, credeteci) punteranno il dito contro il cielo dicendo che negli ultimi giorni qualche goccia è scesa – peccato che non basti il soffio di un temporale estivo a estinguere una siccità che di fatto dura da mesi interi. La proposta dell’Osservatorio sul Po per ovviare alla crisi in corso è relativamente semplice, anche se comprensibilmente preoccupante: ridurre il prelievo idrico del 20% sule acque disponibili. A tal proposito, Meuccio Berselli, segretario Autorità, avverte: “Il problema è solo rimandato di 10 giorni se non si rispetteranno le misure decise”.