Il cappio della siccità e la furia del maltempo arrivano a determinare danni anche nei raccolti di pere: cotti dal sole o flagellati dalla grandine, i frutti risultano ben più piccoli rispetto al passato o, nei casi peggiori, troppo danneggiati per essere commerciabili. Secondo una recente indagine condotta da Confagricoltura Emilia-Romagna, la produzione stimata per la campagna in corso è in calo del 10% sul 2020; anche se a suscitare particolare preoccupazione è il forte calo dei ricavi delle aziende produttrici, che si trovano a fare i conti con una flessione del 30%.
Si sottolinea, per di più, che il 55% delle pere di varietà Carmen consegnate risulti di “piccolo calibro” (mentre nel 2020, per intendersi, era il 44%), così come la metà esatta delle pere Santa Maria (in questo caso nel 2020 era appena il 31%). I frutti scartati in quanto imperfetti, invece, sono ben superiori rispetto alle annate precedenti, tanto da raggiungere il 25% del totale conferito. I principali indiziati di questi crolli, come già accennato, sono la siccità e il maltempo: la morsa della crisi idrica ha determinato cali produttivi in praticamente tutti i contesti della filiera agroalimentare, dal miele al mais; mentre negli ultimi sette mesi l’Italia è stata colpita dalla bellezza di 132 eventi climatici estremi – il numero più alto della media annua dell’ultimo decennio.
“Il costo del gasolio agricolo è raddoppiato; il costo della risorsa idrica e dell’irrigazione è cresciuto di sei volte tanto”, spiega Confagricoltura con il presidente dei frutticoltori dell’Emilia-Romagna, Marco Piccinini. “Oggi il consumatore compra a prezzi dieci volte superiori rispetto a quanto riconosciuto all’agricoltore. Negli altri settori il produttore stabilisce il prezzo di vendita, ma in agricoltura no: commercianti e Gdo dettano le leggi del mercato e fissano il prezzo da pagare al coltivatore. È una legge del ‘taglione’ ma nessuno ne parla, neanche alla vigilia delle elezioni politiche”.