Negli ultimi tempi si è (giustamente) fatto un gran parlare delle conseguenze sulle colture della siccità, che di fatto dall’inverno scorso ha stretto l’intera Italia in una morsa crudele – innescando la prospettiva di uno stato di crisi e portando i prezzi dei beni alimentari ad aumentare esponenzialmente. Anche il comparto degli allevamenti nazionali, tuttavia, si trova a soffrire per la carenza di acqua: stando a un recente report lanciato dalla Coldiretti, infatti, risulta che a causa dello stress indotto dalle temperature eccessivamente alte e dalla mancanza di foraggio (a sua volta determinato dalla mancanza di precipitazioni) le mucche stiano producendo fino al 10% di latte in meno.
Per questi animali, infatti, il clima ideale è tra i 22 e i 24 gradi (e non solo per loro, ci verrebbe da dire), superati i quali cominciano a mangiare molto meno e produrre meno latte. Per stemperare l’effetto dell’afa, inoltre, le mucche consumano molta più acqua: dalle rilevazioni di Coldiretti emerge che ogni singolo animale è arrivato a bere fino a 140 litri di acqua al giorno contro i 70 dei periodi meno caldi. Gli allevatori, nel frattempo, cercano di alleviare lo stress degli animali con ventilatori e doccette refrigeranti e intervallando i pasti in modo che questi non vadano ad appesantirli eccessivamente – rimedi che però, considerando i costi crescenti di acqua ed energia, non possono affatto essere considerati soluzioni a lungo termine.
“In questo scenario di profonda emergenza idrica” ha spiegato a tal proposito il presidente della Coldiretti Ettore Prandini “è necessario agire nel breve periodo per definire le priorità di uso delle risorse idriche ad oggi disponibili, dando precedenza al settore agricolo per garantire la disponibilità di cibo, prevedere uno stanziamento di risorse finanziarie adeguate per indennizzare le imprese agricole per i danni subiti a causa della siccità e favorire interventi infrastrutturali di medio-lungo periodo volti ad aumentare la capacità di accumulo dell’acqua e della successiva ottimizzazione nella gestione in un Paese come l’Italia che raccoglie solo l’11% dell’acqua piovana e deve fare i conti con reti colabrodo”.