L’essere umano non è il solo a patire la siccità e le alte temperature: le vacche negli allevamenti, infatti, reagiscono allo stress causato dal caldo eccessivo mangiando meno e bevendo molta più acqua (evidentemente devono essere fedeli seguaci dei servizi estivi di Studio Aperto), talvolta arrivando perfino a necessitare di 140 o 160 litri al giorno. Nei casi più estremi, tuttavia, queste risposte fisiologiche non sono sufficienti e gli allevatori sono costretti a intervenire avviando gli impianti di ventilazione o aprendo le docce, determinando un ulteriore aumento dei costi di produzione. La proverbiale tana del Bianconiglio, tuttavia, non si ferma qui: lo stato di sofferenza degli animali, infatti, causa un notevole calo produttivo di latte, che nella fattispecie delle stalle nella Pianura Padana arriva addirittura a sfiorare il -25%.
A suonare l’allarme è Mauro Donda, direttore generale di Aia (Associazione Italiana Allevatori) che associa circa 20mila allevamenti, che, durante un’intervistata rilasciata ai colleghi dell’ADNKronos, s’è unito alle voci di coloro che richiedono interventi straordinari per contrastare il prima possibile le conseguenze della siccità, proclamando lo stato di emergenza e di calamità. Nello specifico, il direttore dell’Aia rivolge particolare preoccupazione ai “pascoli allo stato brado di bovini, pecore, eccetera, nelle zone appenniniche”, dove di fatto le precipitazioni sono state così scarse che gli allevatori sono costretti a trasportare “anche quattro volte al giorno l’acqua negli abbeveratoi”.
Come abbiamo accennato in precedenza, inoltre, molti degli interventi attuati dagli allevatori per attenuare la stretta della siccità stanno portando a un ulteriore peggioramento del già precario bilancio aziendale: “I costi della bolletta energetica di una stalla media per la produzione di latte nell’Italia del nord comincia a pagare 3-4mila euro al mese” spiega a tal proposito Donda “dunque sono aumentati almeno del 40%”.