Le “Pietre della Fame” – o Hungersteine se preferite il termine in tedesco – sono grandi rocce che recitano cupi ammonimenti circa le conseguenze della siccità. Testimonianze ancestrali di un dramma ancora spaventosamente moderno, queste pietre riposavano quietamente nelle acque del fiume Elba finché la crisi idrica in corso non ha determinato un abbassamento del suo livello, facendole affiorare insieme ai loro moniti su fame e carestie.
“Se mi vedi, piangi” recita una di queste Pietre – poche parole spaventosamente eloquenti, che echeggiano dei drammi dei nostri antenati (si stima, per darvi un’idea, che l’iscrizione più antica risalga al 1417) e delle difficili condizioni di vita nei periodi di forte secca. Dopotutto, a distanza di secoli, la cosiddetta formula della fame è rimasta la stessa: se manca l’acqua manca il cibo, se manca il cibo non si mangia – anche perché ciò che rimane aumenterà notevolmente di prezzo. Vi suona familiare?
Come accennato, nonostante gli avvertimenti in questione siano scritti su pietra e non sul comodo spazio digitale della rete, questi rimangono validi e soprattutto attuali: le secche del Po, della Loira, del Colorado e dello Yangtze stanno minacciando agricoltura e commercio, causando ritardi alle numerose catene di approvvigionamento che fanno affidamento sul traporto fluviale. Le Pietre della Fame, per di più, non sono le sole vestigie di un passato che pensavamo di aver dimenticato fatte riemergere dalla siccità: dal Danubio, infatti, hanno preso ad affiorare gli scheletri sventrati di navi risalenti alla Seconda Guerra Mondiale.