La siccità continua a intensificare la sua stretta crudele, determinando una crisi che rischia sempre più di configurarsi come irreversibile nell’ambito dell’agricoltura. L’equazione, dopotutto, è dolorosamente semplice: senza acqua il cibo non cresce, e con meno cibo i prezzi dei prodotti alimentari tendono a lievitare verso nuovi rincari. Si è già registrato un calo produttivo per quanto riguarda il raccolto di grano, e pare che lo stesso destino tocchi anche al riso: stando alle più recenti stime redatta da Cia-Agricoltori Italiani, infatti, le ondate di calore anomale e le precipitazioni più che dimezzate hanno pressoché prosciugato numerosi ettari di risaie nelle regioni settentrionali, determinando un calo produttivo di almeno il 30%.
Insomma, il timore espresso da Cia è che, salvo precipitazioni improvvise e letteralmente salva vita, lo Stivale si possa giocare – dopo il sopracitato grano – un’altra produzione strategica del comparto agroalimentare nazionale, che di fatto rappresenta oltre il 50% di tutta la produzione del Vecchio Continente facendo recentemente segnare, tra l’altro, un netto rincaro dei consumi (+16% nel periodo della pandemia). Importante notare, in questo contesto, che si tratta però di una coltura che si trova minacciata dai rincari sulle materie prime e dai costi eccessivi di produzione, senza tuttavia beneficiare degli aumenti dei prezzi sugli scaffali.
“Attenzione, quindi ai fenomeni speculativi, ennesimo colpo basso ai danni dell’agricoltura” sottolinea a tal proposito Cia nel sollecitare interventi tempestivi, che possano anche estendere l’applicazione del credito d’imposta per l’acquisto di gasolio agricolo fino alla fine della stagione irrigua.