Siamo già stanchi del delivery? In Borsa ci sono perdite di oltre 20 miliardi dopo il Covid

Un'analisi del Financial Times ha svelato che le principali aziende del delivery hanno accumulato più di 20 miliardi di dollari in perdite da quando sono diventate quotate in Borsa.

Siamo già stanchi del delivery? In Borsa ci sono perdite di oltre 20 miliardi dopo il Covid

Nel prendere in esame la parabola discendente – perché di questo si tratta – del delivery potremmo individuare almeno due linee di analisi. La prima è quella che vede un settore andare incontro a una fisiologica contrazione in seguito a un periodo – quello del Covid – caratterizzato da un’altrettanta fisiologica crescita. La seconda è invece sintomatica di un settore caratterizzato anche e soprattutto da ampie e maliziose zone d’ombra, dove prosperano pratiche “discriminatorie” – questo l’aggettivo usato dalle autorità giudiziarie -, invadenti e tendenzialmente cozzanti con l’etica.

C’è un problema umano e uno più prettamente matematico, in altre parole; e se il primo è stato fino a ora più o meno collettivamente accettato scegliendo di girarsi dall’altra parte nel nome della comodità, ecco che il secondo minaccia di invadere il settore come un’onda anomala.

La sentenza della Borsa

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Numeri alla mano il mercato del food delivery, se aggregato ai dati inerenti alla spesa a domicilio, ha un valore complessivo di 4,4 miliardi di euro – più del doppio rispetto all’ormai lontano periodo prepandemico. Uno stato di salute apparentemente saldo ma che, come svela il Financial Times, è minacciato dal fatto che le principali aziende del settore hanno fatto registrare perdite operative in Borsa da oltre 20 miliardi di dollari da quando sono state quotate.

Chi controlla che gli zaini dei rider siano puliti? Chi controlla che gli zaini dei rider siano puliti?

Lo studio dei colleghi d’Oltreoceano, poi puntualmente ripreso dal Corriere della Sera, è di fatto forte dei calcoli dell’analista di settore theDelivery.World e ha fondamentalmente preso in esame il periodo di sette anni che spazia da quando Deliveroo, Delivery Hero e DoorDash si sono quotate sui listini. Il quadro che restituisce, dicevamo, è più che eloquente: un settore che, dopo la forte crescita alimentata dalle norme operative della pandemia, si trova impantanato in un punto di decisa flessione.

Gli investitori, prima attratti dal prospetto di sovvenzionare le consegne di cibo fino al punto di finanziare le perdite, hanno ora spostato la propria attenzione sulla redditività, e vogliono che le aziende in questione “dimostrino una crescita sostenibile e redditizia” in seguito all’aumento dei tassi di interesse.

I rider sono pericolosi per la nostra sicurezza stradale? I rider sono pericolosi per la nostra sicurezza stradale?

I sintomi, come accennato, sono molti: pensiamo a quando Just Eat ha ritenuto opportuno interrompere il proprio servizio di delivery a Parigi; o a quando Uber ha fatto lo stesso in Italia; o ancora a quanto Getir, società turca di delivery, si è trovata a tagliare l’11% dei suoi posti di lavoro – mutilazioni e retromarce che raccontano, per l’appunto, di un evidente ridimensionamento.

A questo discorso, come anticipato in apertura di articolo, è da abbinare quello inerente al cosiddetto “capitale umano”, che viaggia su binari più intrecciati che paralleli. Scrivono i colleghi del Corriere: “Se ai corrieri venissero pagati salari più alti i detrattori dell’attuale modello sostengono che i consumatori non sarebbero davvero disposti a pagare il costo reale della consegna del cibo”. L’idea che si fa strada, in altre parole, è che il modello di business in questione abbia costruito una parte ingente della propria fortuna sull’interesse degli investitori e perché anche “abitato” da persone sottopagate e con diritti non sempre rispettati.