Ci sono due tipi di appassionati di vino – quelli che hanno già sentito parlare del vino dealcolato e quelli che mentono. Considerando tuttavia che c’è una probabilità non pari a zero che questo articolo sia stato aperto anche da persone che non condividono necessariamente la stessa passione per il nettare di Bacco, abbiamo pensato di fare un piccolo ed essenziale riassunto: il vino dealcolato è, come avrete intuito, vino senza alcol, che a oggi rappresenta una branca della vinificazione ribollente di fortissima tendenza.
Naturalmente non mancano le controversie, che d’altro canto da questa parte delle Alpi è ben risaputo che se nel vino non c’è l’alcol allora nelle mani non abbiamo del vino ma qualcos’altro; ma non mancano nemmeno coloro che hanno tentato, notando l‘evidente fermento del mercato, di intercettare e studiare questa particolare categoria. Un esempio su tutti? La Francia, naturalmente.
Niente alcol significa salutare, giusto?
Dai cugini d’Oltralpe la parola d’ordine è “innovazione”, sì, ma con i piedi di piombo. C’è la legittima voglia di capire e di sperimentare le potenzialità offerte dalla declinazione dealcolata per i vini a Indicazione Geografica e c’è forse quel briciolo di maliziosa voglia di arrivare prima degli altri, ma soprattutto c’è la cautela che le cose serie – e il vino, in Francia, lo è senza ombra di dubbio – si meritano.
I primi movimenti di capitale, forse agitati dall’idea di approdare un attimo più tardi in una fetta di mercato che – come abbiamo visto – promette grande fertilità, sono già arrivati: i colleghi di Wine News raccontano, tanto per fare un esempio, di un investimento di 2,5 milioni di euro su un sistema di dealcolizzazione dealcolizzazione mediante distillazione sotto vuoto e facente capo a Bordeaux Families, cooperativa forte di trecento famiglie di viticoltori.
Sono evidentemente molti di più, però, quelli che preferiscono seguire la disciplina del piede di piombo ventilata dal Comité National des Appellations d’Origine relatives aux Vins: ne è prova il fatto che i famosi laboratori Dujardin-Salleron siano sempre più richiesti per test di dealcolazione su piccole partite di vino, come riportato dai colleghi di Vitisphere, giornale d’Oltralpe dedicato al mondo vitivinicolo.
I dubbi riguardano anche e soprattutto l’apparentemente innocua equazione – niente alcol = buono per la salute – che dipinge il vino dealcolato come bevanda salutare. Si segnala, a tal proposito, la potenziale comparsa di agenti patogeni, o il fatto che il trattamento possa essere effettuato con l’impiego del dimetildicarbonato, un antisettico.
Chiudiamo prendendo in considerazione un commento dell’enologo Antoine Gruau circa lo zucchero presente nei vini dealcolizzati: “C’è chi ne aggiunge più di 50 g/litro per ritrovare rotondità” ha spiegato. “La domanda dei consumatori c’è, ma dobbiamo organizzare bene questo nuovo settore per evitare abusi”.