L’equazione è dolorosamente semplice – niente acqua, niente vita -, ma l’argomento da cui deriva è complesso. Badate bene, si tratta di un problema di carattere prettamente mondiale (uno studio risalente all’inizio dell’anno, tanto per fare un esempio, ha dimostrato che negli ultimi quarant’anni i livelli delle acque sotterranee del mondo tutto sono calate con costanza e rapidità), ma la fattispecie italiana brilla per la sua fragilità: numeri alla mano, si stima che in vent’anni verrà a mancare più del 30% dell’acqua che consumiamo oggi.
Si tratta di una delle stime redatte da Bain & Company e presentate nelle ultime ore in un dibattito tenutosi a Roma in collaborazione con Comin & Partners – stime che, come anticipato, raccontano di un futuro cupo e soprattutto arido. Numeri alla mano, il bilancio idrico complessivo andrà a ridursi – sempre stando alle stime di B&C – di ben 12 miliardi di metri cubi, pari al 34% degli attuali consumi nazionali, con un costo della mancanza di risposte adeguate pari a 40 miliardi di Euro l’anno.
Fragile, difettoso, inefficiente: un’occhiata al sistema idrico italiano
Nel corso dell’ultimo biennio, caratterizzato anche e soprattutto da una siccità tenace e feroce, il sistema idrico italiano è finito a più riprese sotto lo scrutinio delle autorità governative e degli enti ambientalisti, che non hanno mai fallito a sottolinearne inefficienze e fragilità. L’analisi redatta da Bain & Company ha, come si suol dire, calcato il segno; e individuato quattro particolari aree di criticità che meritano (meriterebbero?) particolare attenzione.
Ve la facciamo breve – le perdite superano il doppio della media dell’Ue; i consumi pro-capite superano la media dell’Ue del 35%; appena il 5% dell’acqua depurata viene destinata al riutilizzo (la media comunitaria è del 20%) e le tariffe di autoprelievo agricolo/industriale (ca. 0,04 Euro al m3: il prezzo dell‘acqua potabile, numeri alla mano, è del 30% inferiore rispetto alla media Ue) sono inadeguate a stimolare comportamenti virtuosi di consumo. Vale la pena notare, a tal proposito, che a oggi il comparto agricolo rappresenta il 55% dei consumi, seguito proprio da quello industriale con 25%.
Il quadro complessivo, dicevamo, è uno di intrinseca e colpevole fragilità; le cui inefficienze sono evidentemente esacerbate da una regolamentazione da sempre focalizzata principalmente sugli usi civili, che coprono appena il 20% dei consumi totali. La soluzione, necessaria per un Paese che rischia di rimanere stritolato tra le maglie del cambiamento climatico, può essere declinata nella concertazione di strategie a lungo periodo e interventi a breve termine – purché effettuati in un futuro ragionevolmente prossimo.
“Flessibilità del sistema, incremento delle fonti di approvvigionamento e riduzione dei consumi supportata da soluzioni tecnologiche come l’applicazione della Generative AI” ha spiegato Roberto Prioreschi, Semea Regional Managing Partner di Bain & Company, “sono gli elementi chiave su cui concentrare gli sforzi per rispondere al Trilemma del settore Idrico, ossia circolarità, security of supply ed economicità”.
A questa strategia più lungimirante, però, è necessario affiancare una serie di interventi nel breve o medio termine, che spaziano da uno snellimento dei processi autorizzativi, superando limiti e carenze con l’introduzione di nuovi incentivi e strumenti di finanziamento, fino all’introduzione di sistemi di irrigazione smart e dissalatori.