Sequestrate mandorle con muffe e parassiti, l’importatore fa ricorso: “Per la legge si possono ancora mangiare”

Al porto di Vado Ligure è stato sequestrato un carico di 20 tonnellate di mandorle con muffe e parassiti: l'azienda importatrice ha contestato il tutto.

Sequestrate mandorle con muffe e parassiti, l’importatore fa ricorso: “Per la legge si possono ancora mangiare”

Un carico da venti tonnellate di mandorle californiane è stato bloccato al porto di Vado Ligure dall’Agenzia delle Dogane e dagli Ispettori del Ministero della Salute, che hanno di fatto verificato la presenza di “parti marce, rancidità, danni da insetti, larve, muffe e bave sericee” nonostante la merce fosse destinata al consumo umano. Una tesi, quest’ultima, che la società importatrice – la Alfrus di Bari, con sede anche a Udine, ma di fatto controllata dall’azienda a stelle e strisce Pomona Farming – ha ritenuto opportuno impugnare presentando ricorso, e sostenendo che i difetti individuati dagli ispettori sanitari non dovrebbero rappresentare un danno alla salute umana.

Mandorle con muffe e parassiti sequestrate a Vado Ligure: facciamo luce

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Partiamo dall’inizio, che dietro la semplice cronaca dei fatti si allarga una più ampia zona d’ombra dove l’industria alimentare opera tutt’oggi. Come abbiamo accennato in apertura di articolo, la vicenda si è consumata presso il porto di Vado Ligure, dove le autorità sanitarie hanno bloccato un carico proveniente da Oltreoceano per le ispezioni di rito. Il contenuto di mandorle californiane – venti tonnellate, per l’appunto – risulta tuttavia nettamente compromesso da “alterazioni compatibili con una estesa infestazione da parassiti e muffe, suscettibili di determinare un possibile danno per la salute”.

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La società importatrice presenta ricorso, forte del fatto che le mandorle in questione, per quanto indiscutibilmente difettose, sarebbero state destinate a una serie di trattamenti industriali con l’obiettivo di renderle commestibili. Scrivono gli avvocati di Alfus: “Premesso di importare mandorle di varietà U.S. Standard e qualità “Serious Defects” (difetti gravi) lamenta che il preteso danno alla salute umana sarebbe necessariamente da escludersi, in considerazione del fatto che i prodotti non verrebbero commercializzati tal quali nel canale di vendita business to consumer (B2C), e che, anteriormente alla vendita business to business (B2B), sono soggetti a lavorazioni e trattamenti idonei ad eliminare qualsiasi rischio per la salute umana”.

Il ricorso, tuttavia, finisce per essere respinto dai giudici del Tar, che hanno ritenuto opportuno accogliere invece i punti sollevati dal Ministero della Salute e Dogane. Il primo riguarda la bolla di accompagnamento delle mandorle, che dichiara che “era certificata la destinazione immediata al consumo umano”, senza specificare (al punto di non essere nemmeno stata spuntata laddove c’era l’opzione) la necessità dei trattamenti ulteriori raccontati in precedenza.

Il secondo punto riguarda, forse più banalmente, le condizioni stesse delle mandorle. La lettura dei giudici è che un carico deteriorato possa essere commercializzato “a patto che il tenore del contaminante sia inferiore a quello massimo stabilito nell’apposito allegato, e che gli alimenti siano conformemente etichettati e contrassegnati, nell’originale del documento di accompagnamento”. Ve la facciamo facile: numeri alla mano, i controlli fisici “hanno rilevato una contaminazione superiore ai limiti ammissibili”.

Ma non finisce qui: gli avvocati di Alfrus si sono giocati un’ultima carta, ricordando alle autorità giudiziarie che “prodotti analoghi importati dalla ricorrente e sdoganati presso altri porti italiani (come ad esempio Bari, Livorno, Salerno e Trieste), sono sempre stati ammessi all’importazione sul suolo nazionale”. I giudici, in ogni caso, non hanno rivisto la propria sentenza.