Sta facendo assai discutere il caso di due forni di Arezzo le cui buste di carta del pane riportano impressa una poesia di Mussolini. Ad accorgersi della cosa è stato un cliente che, combinazione, era anche uno studioso di storia. Non solo ha riconosciuto lo stile della poesia, ma ha anche subito individuato il titolo e l’autore. Come si sono giustificate le panetterie? Beh, a quanto pare non se ne erano accorte.
Che ci fa una poesia di Mussolini sulle buste del pane?
La poesia in questione è quella dal titolo “Preghiera del Pane”, scritta da Mussolini stesso e pubblicata per la prima volta sul Popolo d’Italia il 25 marzo 1928. Questo scritto è collegato poi alla Battaglia del grano che il regime fascista condusse a partire dal 1925.
Questo il testo, quello impresso anche sui sacchetti del pane: “Amate il pane cuore della casa profumo della mensa gioia dei focolari. Onorate il pane gloria dei campi flagranza della terra festa della vita. Rispettate il pane sudore della fronte orgoglio del lavoro poema del sacrificio. Non sciupate il pane ricchezza della patria il più santo premio alla fatica umana”. Il tutto corredato dalla firma “M”.
Per qualche motivo, però, qualcuno deve aver pensato che fosse una brillante idea quella di scrivere una poesia del Duce sulle buste del pane. Tuttavia i due forni, entrambi a marchio Panart, sono caduti dalle nuvole quando gli hanno fatto notare l’autore della poesia. Pare che non se ne fossero mai accorti.
La prima panetteria è la Panart del quartiere di Pescaiola, la seconda è la Panart di via della Chimera. In teoria esiste anche un terzo forno con il medesimo marchio, ma sito nella frazione di Ceciliano, vicino ad Arezzo. Tempo fa queste panetterie appartenevano tutte al medesimo proprietario, ma adesso hanno due gestori diversi.
Uno dei gestori ha spiegato che quando sono subentrati loro nella gestione del forno, c’era già un gran numero di queste buste nel negozio. Per questo motivo hanno deciso di continuare a usarle, visto che a loro tutto quello che interessa è valorizzare i prodotti locali.
L’altro gestore, invece, ha spiegato di aver preso in gestione il negozio solo da un paio di anni. Anche lì hanno trovato delle buste che però erano quelle usate dai vecchi proprietari. Solo che non si era mai accorto di quella poesia. O meglio: l’avevano letta, ma non sapevano che fosse una poesia di Mussolini. E non avevano idea che quella “M” stesse per Mussolini. Il gestore in questione ha poi aggiunto che finora nessuno si era mai lamentato della cosa (probabilmente nessuno l’aveva riconosciuta. Siate onesti e alzino la mano tutti coloro che avevano riconosciuta in quelle frasi una poesia di Mussolini. Immagino che non ne stiano svettando poi così tante).
Solo che un giorno il cliente che finalmente ha notato la cosa è arrivato nel forno molto arrabbiato dicendogli che quella era una poesia di Mussolini. Ma il gestore ha ribattuto che per lui quella era solo una scritta che riguardava il pane e niente altro. Inoltre gli ha anche riferito che quelle buste erano lì da circa 15 anni. Il gestore ha poi concluso ribadendo che a lui la politica non interessa e ha dichiarato di essere allibito da questa storia.
Difficile ravvisare in questo caso un reato di apologia del fascismo: se i gestori, così come dicono, sono in buona fede, davvero non avevano idea di chi fosse l’autore di quello scritto. Ma quello che ci chiediamo è: trovi delle buste del pane con una poesia sopra, decidi di usarle e va benissimo. Ma in tutti questi anni a nessuno di loro è mai venuta la curiosità di scoprire chi fosse l’autore di quella scritta? Una ricerchina su Google di mezzo secondo e si sarebbe potuta evitare una tutta questa faccenda.