Il whisky sta andando forte, e la cosa non dovrebbe affatto sorprendervi. I primi sintomi li abbiamo incontrato dando un’occhiata ai dati inerenti le esportazioni di alcolici irlandesi: vendite da record (soprattutto in valore, a onore del vero), trainate in particolare da una sorprendente performance da parte di questo particolare distillato. Sorprendente non perché mettiamo in dubbio la qualità delle etichette, sia ben chiaro – solo, e non ci pare ci sia controversia in questo, si tratta di una bevanda decisamente impegnativa, il cui consumo non è naturalmente paragonabile alla facilità di bevuta offerta da altre produzioni che tradizionalmente dominano le classifiche, come il nostrano Prosecco. Insomma, il whisky va forte, come dicevamo; e l’ulteriore conferma ci arriva dalla Scozia, dove anche le esportazioni di Scotch hanno fatto registrare un record storico.
Un’occhiata ai dati
I numeri offerti dal più recente rapporto della Scotch Whisky Association (SWA per gli amici), d’altronde, non mentono mica: nel corso del 2022 il valore delle esportazioni di whisky scozzese è di fatto aumentato del 37%, raggiungendo un record assoluto di 6,2 miliardi di sterline. Mica male, no? Specialmente considerando i venti che soffiano di questi tempi, con un contesto economico – anche e soprattutto in quel d’Oltremanica – decisamente difficile.
Dicevamo, è record: mai il valore delle esportazioni di Scotch era riuscito a scavalcare il muro dei 6 miliardi di sterline. Dando un’occhiata al rapporto emerge che la regione dell’Asia e del Pacifico ha di fatto scardinato il Vecchio Continente come il più grande mercato regionale, con crescite a due cifre – senz’altro spinte anche dalla ripresa del post-Covid – registrate in quel di Taiwan, Singapore, India e Cina.
L’India, in particolare, si è ormai imposta come il più grande mercato di whisky scozzese per quanto riguarda il volume, spodestando la Francia. L’analisi proposta dalla SWA, in questo caso, suggerisce che un accordo di libero scambio tra Regno Unito e India che alleggerisca l’onere tariffario del 150% potrebbe rappresentare una ghiottissima occasione, con una crescita prevista di un ulteriore miliardo di sterline nei cinque anni a venire.
E il futuro? Beh, inutile millantare ottimismo a buon mercato: i venti continuano a essere contrari, non c’è ombra di dubbio, con “pressioni inflazionistiche globali, energia interna e costi aziendali e una riduzione della fiducia dei consumatori”. Mark Kent, amministratore delegato della Scotch Whisky Association, non si perde però d’animo: “Con il giusto supporto da parte dei nostri governi nazionali, rimaniamo fiduciosi che l’industria possa continuare a fornire risultati per l’economia scozzese e in generale del Regno Unito”.