Uno scontro sulla gestione dell’acqua pubblica: da una parte il Governo, dall’altra la Regione Puglia. Ma che succede, esattamente? Cercheremo di essere brevi e chiari: in parole povere il Consiglio dei Ministri ha fondamentalmente deciso di impugnare la legge regionale già approvata dal Consiglio regionale il 28 di marzo, che permette di stabilire ai Comuni il 20% delle azioni di Acquedotto Pugliese. Si tratta, è bene notarlo, di un passaggio intermedio che dovrebbe poi aprire, a tempo debito, all’affidamento diretto ad Acq del servizio idrico integrato, in modo tale che il sistema idrico rimanga al di sotto la gestione pubblica di Acquedotto Pugliese evitando la gara d’appalto e il potenziale subentro di una società privata.
Questo, dovutamente riassunto, è il contesto di partenza. Vale tuttavia la pena notare che, secondo la lettura proposta da almeno due diversi ministeri (Affari europei e Giustizia), il provvedimento sia punteggiato da profili che violerebbero la competenza statale in materia di concorrenza e ordinamento civile; e che lo stesso parere dell’Antitrust abbia rilevato “criticità di natura concorrenziale”.
Braccio di ferro per l’acqua pubblica: un’occhiata al futuro e alle dichiarazioni di Emiliano
Palla al centro, come si suol dire: a mettere i proverbiali puntini sulle i e a risolvere i nodi della questione sarà la Corte Costituzionale, ma fino al giorno della sentenza (per la quale sarà necessario attendere almeno un anno di tempo, stando a quanto lasciato trapelare) l’operazione di trasferimento delle azioni rimarrà bloccata. È braccio di ferro, dunque; e le reazioni da parte del fronte pugliese sono giunte rapide e lapidarie.
Sono più eloquenti, ad esempio, le dichiarazioni del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che ha parlato di “un atto politico gravissimo” e di “vera e propria dichiarazione di guerra nei confronti dei cittadini pugliesi ed italiani che credono nella proprietà pubblica dell’acqua“.
Secondo la lettura del presidente la mossa del Governo “intende impedire il mantenimento in mano pubblica del servizio idrico integrato della regione Puglia e favorire la gestione da parte di privati”, e questo nonostante “la gestione pubblica del Servizio Idrico Integrato nell’esperienza pugliese” abbia saputo garantire “criteri di efficienza e sostenibilità, nel rispetto del principio dell’accesso equo alla risorsa idrica”. Le prossime mosse? Le autorità regionali reagiranno “in maniera forte, chiamando a raccolta tutte le forze migliori della Puglia e dell’Italia perché si oppongano decisamente a questo disegno che favorisce le multinazionali a discapito di Comuni e Regioni”.
Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei, ha risposto sottolineando come “parlare di guerra in questo periodo per cose di questo tipo” sia abbastanza “fuori luogo”, e ha fondamentalmente ribadito il punto sollevato dall’Antitrust e già riportato da noi in apertura di articolo: “L’Autorità garante della concorrenza ha tramesso un parere che è molto indicativo e chiaro sulle ragioni dell’incostituzionalità della legge pugliese”, ha spiegato Fitto, nel ricordare che “l’Aqp è pubblico perché nel 2000 da presidente della Regione condussi una battaglia contro un governo che non voleva fare questo e che voleva addirittura un percorso opposto”.