I nostri lettori un poco più ipocondriaci potrebbero già averci pensato – ma sarà sicuro scaldare il pranzo tenuto in un contenitore in plastica nel microonde? Uno studio dell’Università Statale di Milano – “nato quasi per curiosità”, spiegano i ricercatori – ha la risposta: dipende.
La famosa schiscetta, o il pranzo al sacco se preferite la variante più bucolica, può effettivamente rilasciare microplastiche se scaldato in maniera non appropriata nel microonde. A mettere la proverbiale pulce nell’orecchio degli scienziati è partita da Eos, azienda che sviluppa la tecnologia Spes (Single Particle Extinction and Scattering) per la caratterizzazione ottica di polveri, e che l’ha utilizzata per evidenziare la formazione sistematica di nano e micro-sfere di plastica durante il riscaldamento di acqua pura.
Come evitare il rilascio di microplastiche nel microonde?
L’intenzione, l’avrete probabilmente intuito, era quella di simulare quanto avviene durante il riscaldamento del pranzo – o del cibo, più in generale – nel forno a microonde. L’esperimento è poi eventualmente stato allargato a coinvolgere, come accennato in apertura di articolo, anche i ricercatori dell’Università Statale di Milano e dell’Università di Milano-Bicocca.
Valutata l’affidabilità della tecnologia Spes – “I dati presi da Eos hanno mostrato subito una forte solidità”, ha commentato a tal proposito Marco Potenza, docente di Ottica del Dipartimento di Fisica dell’Università Statale di Milano – i ricercatori si sono impegnati in una serie di controlli incrociati sulle procedure sperimentali.
La conclusione ha fondamentalmente confermato le scoperte sopracitate di casa Eos: riscaldando acqua pura nei contenitori alimentari, è di fatto possibile liberare nano e microsfere composte del materiale di cui è costituito il contenitore stesso. Questo significa che, portando l’acqua a temperatura di ebollizione, una piccola parte di polipropilene – materiale biocompatibile che ha la caratteristica di fondere tra i 90 e i 110 gradi – finisce per fondersi e poi solidificarsi nuovamente in acqua.
Si tratta, è bene notarlo, dello stesso processo già utilizzato per produrre industrialmente nanosfere di materiali polimerici, utilizzate in molti settori industriali dalla cosmetica allo sviluppo di materiali innovativi. Ma torniamo a noi: i risultati, poi anche presi in esame dal laboratorio EuroCold, presso il Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra dell’Università Milano-Bicocca, confermano che il legame tra lo scaldare contenitori alimentari in plastica in microonde e il rilascio (nonché la dispersione) di microplastiche.
“E’ interessante notare che diversi produttori specificano di non portare i contenitori oltre i 90 C” ha sottolineato Tiziano Sanvito, amministratore delegato di Eos, “oppure di non riscaldarli per troppo tempo nel microonde, oppure ancora di non usare l’apparecchio alla massima potenza. Quindi, seguendo queste indicazioni, l’effetto non si verifica”.